Durante i lavori di ristrutturazione, nel 2008, in un locale di Largo Brescia di fronte alla sede della Lavazza, gli operai, abbattendo un muro nel seminterrato, fecero una scoperta sconvolgente: un teschio umano cadde a terra. Qualcuno, molti anni prima — forse un assassino — lo aveva murato lì per nasconderlo. Quando la polizia arrivò sul posto, un tempo sede di un noto night club, scavando ulteriormente, rinvenne l’intero scheletro, privo di testa, avvolto in un tappeto.
Secondo il medico legale, si trattava di una donna di circa trent’anni. La vittima era morta in modo brutale: legata e incaprettata con del filo elettrico, si era strangolata da sola. Ogni ipotesi, anche la più estrema, sembrava plausibile. Verosimilmente si trattava di un omicidio con occultamento del cadavere: il corpo era stato murato così com’era, senza neppure essere slegato.
Accanto alla salma vennero ritrovati pochi oggetti: un ciondolo con delle iniziali, alcune monete, una banconota da cinquemila lire e delle automobiline giocattolo. Si ipotizzò che con la donna potesse esserci stato anche un bambino e che l’omicidio risalisse all’incirca al 1995. Tuttavia, le indagini non portarono ad alcun risultato concreto. Ma un caso di omicidio irrisolto non viene mai chiuso del tutto. Un tecnico della Scientifica, negli anni, continuò le ricerche.
Fu solo nel 2022, grazie a un collegamento del tutto inaspettato, che lo stesso tecnico individuò sorprendenti analogie nel DNA di una vittima di un incidente stradale causato da un pirata della strada. Quella vittima, Alessandra Gilli, risultò essere sorella di Luisa, che a sua volta era la madre della donna uccisa nel 1995: Teresa Fissore. Finalmente, dopo anni, si riuscì a dare un nome a quei poveri resti. Il caso fu riaperto.
Cosa potrebbe collegare quel cadavere murato per anni, un pirata della strada sfuggito alla giustizia, una rapina lontana e fatale, e una famiglia distrutta — i Fissore — di cui sopravvive solo il padre, oggi in una RSA? E cosa c’entra l’attuale esistenza a Torino di un misterioso club per scambisti, immerso in un mondo oscuro di eccessi e violenza? Apparentemente nulla.
Eppure, un filo c’è. Solo che servirebbe qualcuno davvero in gamba per trovarlo. Fino a quando Numero Uno, l’enigmatico capo della BEST — un’agenzia investigativa europea molto fuori dagli schemi — decide di agire, costringendo ancora una volta, sotto ricatto, gli ex criminali della banda Ventura a rimettere insieme le tante, contorte tessere di un complicato puzzle.
Li riunisce tutti al ristorante L’Évêché, divenuto nel frattempo punto di riferimento del gruppo, creato da Max Ventura con la compagna Federica. Così Max, Abdel, Sanda e Vittoria — fuggiaschi evasi vent’anni prima in Francia e rifugiatisi in Italia con nuove identità — devono tornare in azione, ancora una volta nei panni di investigatori improvvisati, rischiando tutto pur di proteggere ciò che si sono costruiti: una parvenza di vita normale.
Max ha finalmente trovato un equilibrio, così come Abdel, che gestisce un’officina di auto d’epoca con il compagno, l’avvocato Barattieri. Sanda dirige una palestra con un amico fidato. Vittoria è tornata al suo vecchio lavoro, vive con una compagna che la rende felice e ha una figlia sedicenne che adora.
I quattro latitanti più ricercati di Francia, reduci dalla loro ultima indagine sul sabotaggio del battello sul Lago Maggiore, si ritrovano coinvolti in una nuova e pericolosa avventura. Torino e i suoi dintorni fanno da sfondo a una storia cupa, dove si mescolano giochi torbidi e passioni sfrenate.
Unico, minuscolo indizio: un bigliettino con una scritta, “quello alto”. Qualcuno, pur di tenere nascosta la verità, è disposto a tutto…
Riusciranno i nostri protagonisti a risolvere il mistero?
In questo nuovo romanzo, Pandiani, pur mantenendo il ritmo serrato del thriller, dà maggiore spazio ai ricordi, ai rimorsi e alle emozioni dei personaggi. Uomini e donne segnati da un passato difficile, ma non privati della loro umanità. Anzi, spinti da un forte senso di solidarietà verso chi non può più difendersi.
L’autore ci offre anche un’intensa riflessione sulle contraddizioni interiori, sulla ricerca di redenzione, sull’accettazione e sull’impulso — consapevole o meno — ad aiutare gli altri, specialmente i più deboli. Una trama originale, intensa, che va oltre l’azione e invita il lettore a pensare.