Dopo il successo del suo thriller d’esordio del 2024 “Bambini lupo”, l’autrice tedesca Vera Buck quest’anno ci porta in Svezia, in una casetta di legno rossa con le finestre bianche davanti a un bel giardino, circondata da estesi prati e vicino al lago in cui si specchia il sole. Un luogo incontaminato e idilliaco, almeno all’apparenza. Una cornice quasi fuori dal tempo che include una immancabile foresta, tanto lussureggiante quanto cupa e misteriosa perché sembra nascondere dei segreti.
Le vicende de La casa sull’albero si svolgono quindi in uno splendido scenario, ma già di per sé inquietante. Nonostante le descrizioni dei luoghi siano decisamente suggestive, l’autrice riesce anche con questo romanzo a creare un’ambientazione che avvolge la storia e la inghiotte per restituircela come una sorta di dipinto dalle sfumature dark.
La famiglia che si appresta a passare le vacanze nella casetta è composta da Nora, Henrik e il piccolo e capriccioso Fynn. Nora è una donna psicologicamente annientata, adempie ai suoi doveri di madre a modo suo, facendo fatica ormai da tempo a rispettare anche il suo ruolo di moglie.
“Amo Fynn, ma a volte penso semplicemente di non essere nata per fare la madre. […] Nonostante questo ci ho provato. […] Chi non siamo è una grande parte di noi. È meglio scoprirlo in fretta invece di cercare sempre e solo di soddisfare aspettative altrui.”
Henrik scrive libri per bambini. È un uomo che non è mai cresciuto veramente, tanto che sua moglie sostiene di avere due figli. Si dedica molto a Fynn, inventandosi giochi e cercando sempre di calmare i capricci del figlio, anche per il quieto vivere.
“Quando Nora e Fynn sono sul punto di sbranarsi a vicenda, allora è il momento che intervenga io. In questa famiglia faccio da paciere. Il giullare. Almeno è una cosa a cui sono adatto.”
Ed è proprio nel momento in cui Nora esce di casa per tirare il fiato, con la scusa di fare la spesa, che padre e figlio si addentrano nel famigerato bosco per giocare a “Trova l’albero”. Nell’enfasi del divertimento, Henrik non si accorge che Fynn è sparito. In preda al panico, inizia a chiamarlo a gran voce e a cercarlo dietro ai tronchi e ai cespugli, ma è tutto inutile, di Fynn non c’è più traccia.
“Siamo inglobati nel bosco e ora il bosco ha ingoiato nostro figlio.”
Il romanzo si divide in tre parti ed è narrato in prima persona dal punto di vista di quattro personaggi principali, a capitoli alternati. Entreremo innanzitutto nella mente di Henrik, il quale si sente totalmente responsabile per la perdita del figlio nella foresta. Conosceremo la reazione di Nora a questa situazione drammatica, che inoltre ci rivelerà un segreto che l’ha resa da tempo paranoica e piena di timori.
Incontreremo poi Rosa Lundqvist, un personaggio molto originale, una investigatrice un po’ fuori dall’ordinario che si occupa di botanica forense ed è in grado di scoprire dove sono sepolti dei cadaveri solo osservando la vegetazione. Ama da sempre ciò che fa, è assurdamente legata alla morte e ne è affascinata.
“La gente sostiene che il mio interesse sia morboso, e questa è una sentenza, perché significa malato. Nessuno sembra vedere i lati positivi nell’occuparsi dei morti, la ritengono una cosa anormale e trovo che già questo dica molto su una società in cui ogni giorno si muore.”
Il quarto personaggio, Marla, è la figura più misteriosa della storia: la troviamo intrappolata in una casa sopra un albero in quel sinistro bosco, succube di un uomo che la tiene prigioniera da tempo. È evidentemente provata dalle intemperie, dalla fame e dalla paura, tanto da aver perso un po’ la testa.
“La capanna tra i rami è il mio nido. Il mio nido di corvo. Se avessi la possibilità di essere un animale, mi piacerebbe essere un corvo. I corvi sono ombre silenziose, sono esploratori. Quando ci sono persone cattive tra gli alberi, loro sono i primi a saperlo.”
Quando durante le sue ricerche nella foresta Rosa trova delle ossa di bambino, la trama inizia a complicarsi. E se ci fosse un collegamento tra la sparizione di Fynn e quel ritrovamento? La storia proseguirà con diversi colpi di scena e con l’intervento di personaggi che andranno a complicare gli eventi. Il lettore farà non poca fatica a comprendere quali siano le connessioni tra i vari protagonisti della storia.
Una piacevole caratteristica della scrittura di Vera Buck è quella di dedicarsi molto alla caratterizzazione dei suoi personaggi e alla loro analisi psicologica davvero profonda. È anche per questa ragione che la suspense che si crea durante il racconto è ancora più coinvolgente.
Inoltre, l’autrice con questo romanzo ha voluto toccare una tematica molto forte legata alla sfera dell’infanzia e ai legami tra genitori e figli. Infatti, è purtroppo molto comune la triste realtà di quei figli la cui unica colpa è di essere venuti al mondo in situazioni e in famiglie non in grado di dar loro l’affetto e le cure fondamentali che ogni bambino su questa Terra merita.
La casa sull’albero è un thriller psicologico molto oscuro e dalla scrittura coinvolgente. Il continuo passaggio da un personaggio all’altro rivelando poco a poco dei piccoli indizi, mantiene l’attenzione alta e non c’è davvero il tempo per distrarsi. Inoltre, i capitoli brevissimi danno un incentivo in più per voler andare avanti e scoprire cosa succederà dopo. Di contro, anche se l’epilogo chiarirà gli ultimi dubbi, la trama nei passaggi conclusivi risulta un po’ troppo intricata. In ogni caso la storia è molto avvincente, contiene una consistente dose di ansia e i plot twist sono inseriti con grande abilità.