Un palcoscenico.
Un palcoscenico di perbenismo e conformismo.
Ecco cosa ci offre Shelley Smith in questa pagine, come sempre ben prodotte da Polillo nella sua collana “I Bassotti”, che attinge all’epoca d’oro del giallo, a cavallo tra anni Quaranta e Cinquanta.
E l’autrice (il cui vero nome è Nancy Hermione Courlander) si dimostra abile nell’imbastire, ancor prima di una trama, un’ambientazione di rara bellezza, in cui il pettegolezzo borghese e la “vigilanza” dal retro della tendina della finestra sono quella costante, austeramente confutata dai personaggi con aristocratico sdegno.
Perché non si pensi che ci si stia ad interessare delle vite altrui, si è gente perbene, qui.
Ed invece sono proprio le vite altrui, incastrate tra loro e perfettamente oliate in perfette dinamiche di facciata, ciò che la Smith, rende nude e svela nella loro miserevolezza senza possibilità di appello.
Così come senza possibilità di appello una mano pone termine alla vita di un personaggio che appare troppo ficcanaso in quel teatro fatto di una manciata case sulle quali si vanno abbattendo raffiche di quel conformismo ipocrita che la penna sferzante di Smith dileggia con un suo peculiare sorriso subdolo.
Che, terminata la lettura, scopriamo di avere sul nostro volto.