Un protagonista impegnativo, per il suo peso e per il suo atteggiamento ossessivo nei riguardi del cibo, che ha chiuso le porte al mondo ma è guidato da un atteggiamento maldestro e coraggioso, intelligente ma spavaldo. Parliamo di Domenico Cigno nel romanzo “La fame del Cigno” di Luca Mercadante, pubblicato da Sellerio. Un personaggio immerso nel mondo crudo, chiaroscurale e feroce di una ‘Napoli & Caserta country’ dove minacce, omicidi e segreti si mescolano come gli ingredienti di succulente pizze o montagne di pericolosi rifiuti. Sempre in modo stimolante o provocatorio per il lettore.
Benvenuto, quindi, a questo esuberante redattore sportivo con un passato da cronista di nera oltre che da pugile e un presente senza legami che ci appassiona sin dalle prime righe, complice una narrazione in prima persona ruvida e viscerale. Cigno ha la stoffa per diventare investigatore amatoriale e un giorno si imbatte nel cadavere di una ragazza: da allora diventa popolare e acquisisce potere contrattuale con Maurizio, il suo capo, che vorrebbe tenerlo nel ghetto dello sport. Perché Domenico associa la vittima ritrovata in un canale a Viola, una influencer e attivista torinese scomparsa e ricercata in tutta Italia. E Cigno sa come far lievitare i like sull’edizione web del giornale e sui social, con l’aiuto della social media manager Caterina.
Per riuscire a scrivere di due storie, quella della vittima e quella di Viola, Cigno dovrà affrontare tutte le sue segrete paure e cambiare alcuni atteggiamenti, dimostrando quanto sia difficile sradicare vecchie abitudini. Dovrà mettersi in gioco fisicamente e a tutto campo. Approfondire l’argomento di cui si era interessata Viola, il dramma delle connection house, ovvero le case chiuse, dove migrazione fa rima con violenza e prostituzione. Affrontare narcotraffico e gli spettri di un litorale che sembra abbandonato da tutti, non solo dai vacanzieri d’estate.
Il punto di forza della trama gialla è il duplice binario tensivo che ci spinge a leggere per comprendere chi abbia ucciso la ragazza del canale e dove sia finita Viola. Il tutto portandoci a contatto con uomini e donne spesso abbruttiti dalla povertà o sminuiti dalla violenza, altre volte coraggiosi come l’avvocata immigrata Jana o, ancora, con le mani legate.
Nel romanzo ‘il Cigno’ – che nel libro viene descritto come un brutto ma valente anatroccolo – conduce le indagini amatoriali mettendo a repentaglio la vita in più occasioni. Il suo corpo, metafora del suo modo di proteggersi dal dolore e da ogni emozione con il grasso, di pagina in pagina entra ‘di petto’ in situazioni ad altissimo rischio. Nonostante abbia un padre forte e conosciuto, si ritrova per lo più solo di fronte al Male. Numerosi colpi di scena lo lasciano senza fiato e trasformano il suo cinismo iniziale in dolente amarezza. Luca Mercadante sa anche rappresentare nei dettagli la difficoltà del protagonista di convivere con una fame senza limiti, che esige abbuffate e poi si vendica, infliggendogli lancinanti dolori addominali.
“La fame del Cigno” ha anche il merito di restituirci senza veli le dimensioni spesso ciniche di un giornalismo d’assalto che mostra competizione anche all’interno di uno stesso staff, nelle dinamiche tra carta stampata, social media e online di un quotidiano.
“Prestarsi alla morbosità del lettore solo per vendere qualche copia in più non fa per me”
“Non sarebbe qualche copia in più, e comunque su quel corpo ci sono i segni di un crimine. Non è morbosità. È informazione…”.
Ma il Cigno non ci sta. Con la sua autonomia coraggiosa a dispetto di tutti, contro tutti, ci conquista ed è facile intuire che la strada per diventare un eroe sia proprio dietro l’angolo. Basta seguirlo di pagina in pagina, lasciare che ci sveli tutte le sue debolezze e, soprattutto, notare come non si arrenda mai di fronte ai lati più oscuri e raccapriccianti del Male.