Maurizio de Giovanni afferma con ragione: «Esistono tre modi di tornare indietro nel tempo. Uno è procurarsi una macchina magica; un altro è leggere montagne di documenti e guardare ore di film d’epoca. Il terzo è farsi accompagnare da Leonardo Gori sulle tracce del suo Bruno Arcieri, capitano dei Carabinieri complesso e tormentato, uno dei personaggi più affascinanti e sfaccettati della letteratura nera italiana contemporanea.»
Per chi non conoscesse la saga di Arcieri, vediamo di ricapitolare l’intreccio temporale dei romanzi. Sono passati sette anni dal primo, Nero di Maggio (1938), che ha dato inizio alla lunga e pericolosa serie di avventure con protagonista Bruno Arcieri. La saga è proseguita con La finale (ambientato a Parigi nel settembre del 1938) e La nave dei vinti (Genova, 1939), fino ad arrivare all’angosciosa attesa di La lunga notte (Roma, settembre 1943, l’Armistizio) e Il passaggio (Firenze, agosto 1944), con le truppe alleate in procinto di conquistare la città. Con i paracadutisti del colonnello Fuchs che hanno fatto saltare i ponti, l’Arno, con solo il Ponte Vecchio rimasto in piedi, si è trasformato in un confine invalicabile. La città è divisa in due mentre gli Alleati, fermi a Palazzo Pitti, Oltrarno, attendono l’ordine per lanciare l’offensiva finale, ostacolati dalle macerie dei palazzi distrutti che li separano dal fiume.
Il vento di giugno prende avvio nel 1946, due anni dopo, in una Firenze ancora ferita, tra le rovine lasciate dalla guerra. Arcieri, ormai quarantaquattrenne e promosso maggiore, ha seguito la sua fidanzata Elena Contini, che lo ha lasciato a Roma, dove, a causa della penuria di alloggi, è costretto a condividere la casa in via Cola di Rienzo con due ufficiali alleati. Elena, delusa e avvilita, vuole emigrare e raggiungere la Palestina. Forse desidererebbe che Arcieri la seguisse, ma lui non se la sente. Nel frattempo, all’Ufficio I, che ha sostituito il SIM, il servizio segreto per cui lavora, è stato emarginato, confinato a un ruolo secondario. Senza certezze per il futuro, decide di prendersi una settimana di licenza per tentare di convincere Elena a restare. Invano, pare, e sarà nel villino liberty di Elena, rimasto intatto nonostante la guerra, che riceverà una telefonata dal suo vecchio capo.
Lo scenario principale di Il vento di giugno è la Roma del 1946. La guerra è finita, ma l’Italia, martoriata e sconfitta, è in ginocchio e cerca di risollevarsi dopo anni di miseria e divisioni. Il referendum Monarchia/Repubblica è imminente e gli animi sono infiammati. Ovunque si temono disordini. Arcieri non si stupisce quando il Comandante, suo ex capo, pur estromesso dal servizio e pensionato d’imperio, lo contatta in segreto per chiedere aiuto. È convinto che uno dei suoi uomini, un tempo parte della brillante intelligence italiana, sia diventato una talpa, un traditore che sta facendo eliminare gli ex colleghi. Il Comandante, deciso a proteggerli, incarica Arcieri di indagare in segreto. Lui esita, ma ferito dall’atteggiamento di Elena, decide di tornare a Roma.
Quella che inizia come un’indagine confidenziale si trasforma presto in un gioco pericoloso, con troppi cadaveri sulla sua strada. Un intrigo pieno di tranelli e complotti, che coinvolge persino gli Alleati: da una parte americani e inglesi, dall’altra i russi, sostenuti dai partigiani rossi, pronti a contendersi il futuro dell’Italia. Arcieri, alla vigilia del referendum, dovrà trovare un modo per risolvere la situazione, rischiando tutto, persino la propria vita, per una via d’uscita che appaghi la sua coscienza.
Leonardo Gori ci regala immagini toccanti della Firenze dell’epoca, con una lunga e commovente passeggiata iniziale, e della Roma ferita, con scorci mozzafiato e per lui spesso rischiosi. Una delle qualità più apprezzabili di Gori è la capacità di calarsi e far calare il lettore in ambienti e situazioni, muovendo abilmente i suoi personaggi e trasformandoci in spettatori delle sue storie. In Il vento di giugno, questa abilità ci permette di rivivere, accanto al maggiore Arcieri, i giorni febbrili del referendum del 1946, in una sequenza quasi cinematografica di grande impatto emotivo e tensione.
Tutti i romanzi di Leonardo Gori narrano momenti cruciali della storia italiana, che pongono Arcieri, uomo di cultura, appassionato di letteratura anglosassone e jazz, un carabiniere retto, abituato a obbedire in silenzio, antifascista e senza tessera di partito, di fronte a scelte decisive. Un personaggio che, con il tempo, sente il bisogno di ricordare e spiegare, anche a se stesso, il significato di quegli eventi e le loro conseguenze. Man mano, è costretto a cambiare il proprio modo di essere, di pensare e di giudicare, attraverso dure prove nel corpo e nello spirito.
Duecentocinquantasei pagine, dedicate dal nonno al piccolo Giulio, che si leggono quasi d’un fiato. Un romanzo emozionante e costruito con grande maestria, un giallo che cattura il lettore dalla prima all’ultima pagina.
Cenni storici Il 2 giugno 1946 si svolse il referendum sulla forma istituzionale dello Stato che, con il voto popolare, condusse alla nascita della Repubblica e all’elezione di un’Assemblea Costituente, segnando la fine di un difficile periodo di transizione tra movimenti antifascisti e l’avanzata degli Alleati in un Paese devastato dalla guerra.
Gli italiani, e per la prima volta le italiane, furono chiamati a scegliere tra Repubblica e Monarchia e a eleggere i deputati dell’Assemblea Costituente. L’affluenza alle urne fu altissima: su 28 milioni di aventi diritto, votarono quasi 25 milioni di persone (89,08%). Dopo la valutazione dei ricorsi, il 18 giugno 1946 la Corte di Cassazione proclamò ufficialmente la nascita della Repubblica Italiana, sancendo la fine della monarchia.