Una parola per non morire – Sandra Bonzi



Sandra Bonzi
Una parola per non morire
Garzanti
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Dopo “Nove giorni e mezzo” e “Il mio nome è Due di picche”, alla fine del mese di aprile Sandra Bonzi ha pubblicato il terzo episodio della serie dedicata alla giornalista Elena Donati. 

Un romanzo che, forse più dei precedenti, dietro allo stile frizzante, alla penna briosa, all’ironia a volte pungente, cela osservazioni acute e considerazioni serie su tante dinamiche della contemporaneità e nel quale la componente gialla offre lo spunto per un’analisi attenta della società attuale. 

Lo sguardo di Bonzi si posa sulla famiglia, sui rapporti di lavoro, sulla relazione tra generazioni, su alcuni cliché e pregiudizi tipici del nostro tempo.

Riflette sull’amicizia in tutte le fasi della vita, sulle croci e sulle delizie del matrimonio, sulla gioventù che ha voglia di conquistare il mondo, sulla terza età che non si arrende al passare del tempo.

Al centro del sistema dei personaggi è la protagonista Elena Donati, giornalista investigativa di alto profilo, che sta vivendo un momento di crisi lavorativa poiché non condivide affatto lo stile del suo nuovo direttore, un giovane rampante che ha trasformato il “suo amato giornale” in una“becera cloaca di titoli urlati e pezzi scritti per arrivare direttamente alla pancia dei lettori e fare incetta di mi piace”. 

Ma la sua vita è piuttosto complicata anche in ambito personale: nel delicato passaggio dei cinquant’anni, in cui si inizia a tracciare un bilancio esistenziale significativo, Elena è una moglie stanca della sua trentennale relazione con il distrattissimo marito; una figlia che deve gestire due genitori separati da poco dopo decenni di vita insieme (una madre esuberante e snob e un papà molto dolce e innamorato della sua nuova compagna); a sua volta è una madre aperta e moderna, che però si ritrova perennemente in apprensione per i suoi ragazzi.

Da sempre possiede un potente (e a volte pericoloso) “quinto senso e mezzo”: un intuito particolarmente marcato, che le consente di fiutare i casi e le loro soluzioni, realizzando in anteprima gli scoop relativi. 

Questa volta le tocca indagare (le tocca, sì…il suo capo le affida l’inchiesta per ripicca) sulla inspiegabile sparizione di un’adolescente, scomparsa nel nulla mentre tornava a casa da una lezione di danza. 

Per Elena, una fonte ulteriore di turbamento, vista la gravità del fatto e considerato il fattore immedesimazione:

“Sono allagata dal dolore che ho respirato in quella casa e terrorizzata all’idea che possa succedere ai miei figli…”

“Perché la scomparsa di una minore è un incubo ancestrale, uno spettro che turba le notti di tutti i genitori e non solo.”

Complice la focalizzazione interna, attraverso la quale tutta la storia ci appare filtrata dal suo punto di vista, si può dire che, anche narratologicamente, Elena sia la protagonista assoluta.

Eppure, la quantità e l’incidenza degli altri personaggi nella trama è tale per cui il romanzo si può considerare corale (come indicano le risolutive scene finali).

Tale coralità trova una dimensione fisica concreta nel bistrot letterario avviato e gestito dal padre di Elena e dalla sua nuova compagna: un locale chiamato Scenù nel quale i vari personaggi si intrecciano e si incrociano quotidianamente. Che siano principali o secondari, più o meno tutti passano per questo luogo, il quale finisce per rivelarsi anche un tassello fondamentale nella risoluzione del caso che è al centro del libro. 

Edy Stagnetti

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