Franco Forte, Davide De Boni, Mia Cristina Grella,
Servio Tullio -Franco Forte, Davide De Boni, Maria Cristina Grella.
Mondadori
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Servio Tullio Il sesto re. Nato dal fuoco
Servio Tullio è stato uno dei re più importanti della storia regia di Roma. Realmente esistito o meno, sarebbe stato fautore di importanti riforme e innovazioni. Di origine etrusche, Servio Tullio fu conosciuto anche con il nome di Mastarna.
La splendida leggenda del lungo regno del primo re di Roma non eletto dal Senato, fino ad allora immutabile regola, ma acclamato dal popolo, adottata per gran parte dagli autori di questo libro, narra che nell’ anno 577/578 a.C. sia salito al trono Servio Tullio, figlio di Ocresia e di suo marito Tullio, signore di Corniculum, ucciso durante la conquista romana della sua città.
Ridotta in schiavitù come tutti i superstiti di Corniculum, Ocresia, al ritorno a Roma dell’esercito comandato dal re etrusco Tarquinio, fu donata dal sovrano a sua moglie, la bella e famosa augure Tanaquil che la relegò tra i ranghi più bassi della servitù. L’avvenenza della donna faceva sospettare a Tanaquil, gelosa marcia e ferita nel suo onore, che Servio, il bambino che la donna attendeva, potesse essere il figlio primogenito di suo marito!
Alla nascita del piccino, Ocresia, oltre a Tullio, il nome del marito morto, dette al figlio anche quello di Servio per espresso volere di re Tarquinio e di sua moglie.
Il bimbo era nato servo, benché fosse figlio di re, ma nessuno avrebbe mai dovuto saperlo e mai sarebbe stato riconosciuto come tale. Non si sarebbe mai chiamato Tarquinio, ma Tullio come il signore di Corniculum, marito di sua madre e Servio, come pretendeva la regina. Ma Tanaquil, dotta e potente aruspice, dopo aver interrogato gli dei sul futuro destino di Ocresia e di suo figlio, scoprirà che Servio è protetto dalla Fortuna e che il fato lo legherà sempre strettamente ai Tarquini. Diventerà dunque un bambino speciale, nato sotto il segno del fuoco, come quello che ha devastato la sua città, ma che per lui sarà un potente segno protettore, confermato dal funambolico prodigio inscenato da Tanaquil.
Servio infatti, per i magici accorgimenti escogitati da Tanaquil e da Azio Nevio, augure in carica nella corte, uscirà miracolosamente incolume da un pericoloso incendio nella sua culla. Poi sarà proprio Azio Nevio, per rispettare l’eccezionale futuro riservato al ragazzo dagli Dei e con l’avvallo di Tarquinìo, a farsi suo mentore e a educarlo al sapere. Sotto i suoi saggi insegnamenti Servio apprenderà che non è solo la discendenza a stabilire il valore di un uomo e che per farsi strada nella vita bisogna saper mediare e mischiare al momento giusto il coraggio alla scaltrezza. Cosa che ormai ha imparato a fare bene e d’istinto. Ma sarà sempre Azio Nevio, davanti all’ambiziosa brama del suo pupillo di imparare a combattere e a distinguersi, a scegliere per lui i migliori maestri d’armi. Ciò nondimeno, anche dopo l’adozione ufficiale da parte dei Tarquini e l’ammissione all’interno della famiglia reale, manterrà per sempre il suo nome: Servio Tullio.
Cresciuto ed entrato a far parte dell’esercito con la costante protezione della Dea Fortuna, Servio si farà apprezzare da Tarquinio sia per le sue doti militari sia per la sua preparazione politica e religiosa.
In più, incoraggiato dalla famiglia, pur forse segretamente innamorato della secondogenita, sposerà la sua compagna di giochi fin dall’infanzia: Tarquinia, la bella e intelligente figlia maggiore di Tarquinio Prisco e
dopo la congiura ordita dai figli di Anco Marzio e il vile agguato a suo suocero Tarquinio, che provocherà in seguito la morte del re , appoggerà subito e senza remore la versione della suocera. Tanaquil, infatti, resasi conto dell’estrema pericolosità della situazione, dichiara che suo marito è stato ferito ma non mortalmente e ordinerà che per tutto il tempo della sua convalescenza Servio prenda in mano le redini del governo e sieda sul trono di Roma come suo vicario.
Con il successivo annuncio della morte di Tarquinio, Servio Tullio diventerà re per via dinastica, senza l’appoggio del senato o del popolo romano. Ma conserverà poi il regno conquistato con abilità, come se l’avesse ottenuto in modo legittimo, guadagnandosi il favore del popolo, e sarà unanimemente considerato un degno e grandissimo sovrano, quasi al pari di Romolo.
A Servio Tullio è stata attribuita la più importante riforma militare dei primi secoli di Roma. Portando a termine il primo censimento, riuscì infatti a organizzare l’esercito in sei classi in base al censo e all’età: i più anziani e ricchi operavano nelle retrovie, con equipaggiamenti migliori, i più giovani, poveri e peggio equipaggiati formavano le avanguardie, le prime ad affrontare il nemico. Divisione per classi che resterà praticamente la stessa fino all’epoca di Gaio Mario, a cavallo del I secolo a.C.
Servio Tullio dedicherà tutta la vita a Roma, ampliandone i confini e continuando a espandere la città sui colli vicini, il Quirinale, il Viminale e l’Esquilino. Costruirà anche nuove mura, rimpiazzate solo da Aureliano tanti secoli dopo. Il suo regno, pur caratterizzato da scontri con le città etrusche, sarà un regno di pace con Latini e Sabini. Ma dovrà guardarsi di continuo le spalle da chi invidia il suo scettro e non ama le sue leggi che giudica troppo liberali. Guardarsi persino da chi crede più vicino e fedele.
E sappiamo ben che la storia fu sempre crudele, scellerata e usa a sbranare il suoi figli.
Servio Tullio governerà per 44 anni (578-535 a. C.), sognando sempre per la sua città, per l’Urbe, un futuro da Città eterna.
Nota storica: conosciamo altro su Servio Tullio, anche grazie al celebre discorso tenuto in senato dall’imperatore Claudio sulla cittadinanza. La storia del sesto re di Roma è legata alle leggende della storia romana arcaica e esistono fonti archeologiche e letterarie che si discostano dalla versione più famosa, ovvero quella tramandata da Livio. La più importante di queste è la “Tavola di Lione”(CIL XIII, 1668 = ILS, 212 = FIRA, I, 43) sulla quale è riportato integralmente il discorso in senato dell’imperatore Claudio in difesa della richiesta di cittadinanza degli abitanti della Gallia Comata. L’imperatore, esperto di storia antica e soprattutto di questioni etrusche, per difendere tale richiesta elenca alcune occasioni in cui i Romani avevano accolto personaggi “barbari”, affidando loro anche importanti incarichi istituzionali, e tra queste racconta che, secondo una tradizione etrusca, Servio Tullio sarebbe stato un “sodalis fidelissimus”, un luogotenente di Celio Vibenna , condottiero etrusco accorso in aiuto di Tarquinio Prisco che occupò il colle a cui diede poi il nome. Questa subordinazione di Servio Tullio rispetto a Celio e al fratello Aulo è richiamata dal nome etrusco del futuro re romano, ovvero Macstrna che, analizzato da Massimo Pallottino, si scioglie in “Macstr-na” e significa “colui che appartiene al magister, del magister” termine arcaico per indicare un ruolo militare, attribuito in battaglia al comandante della cavalleria, quindi luogotenente di Celio Vibenna. Anche il nome adottato in seguito, Servio Tullio, ricorderebbe le origini servili del sesto re di Roma e sarebbe la resa latina del nome etrusco, tradotto però solo in senso concettuale.
Questa versione concilierebbe la leggenda etrusca con l’elenco dei re romani nel quale dopo Tarquinio veniva Servio… Senza poi dimenticare che nella splendida tomba François di Vulci, in veste di liberatore di Celio Vibenna si riconosce un condottiero etrusco, Mastarna, detto anche Servio Tullio. Colui dunque che, subentrato a Tarquinio, avrebbe poi cambiato il suo nome in Servio Tullio? Insomma: secondo Massimo Pallottino (Origini e storia primitiva di Roma) Mastarna sarebbe il “sodale” di Celio Vibenna. Ma questo è evidente solo se è davvero giusta la corrispondenza macstr = magister.