Domenico Carpagnano torna ai suoi lettori con “Nessun segno di violenza” (Bertoni Editore) e, com’è nel suo stile, confeziona ancora una volta una storia alla Simenon, ambientata come sempre a Perugia dove vive il commissario Giorgio Anselmi, personaggio principale che ritroviamo in tutti i romanzi di Carpagnano.
Giorgio Anselmi, golosissimo di Baci Perugina, che continua a scartare con perenni sensi di colpa, in attesa di dare stabilità alla sua relazione sentimentale con Rosanna, che lo impegna da tempo, condivide la propria casa col gatto, Mollica, e sul lavoro si interfaccia di continuo col sovrintendente Roberto Ricci, giovane e impertinente, e non mancano i problemi col questore, soprannominato Culo pesante.
Siamo a Perugia, città nota per la sua università per stranieri e per l’eclatante fatto di sangue che anni addietro calamitò l’attenzione dei media internazionali per la vicenda in sé e la nazionalità degli studenti coinvolti. Va precisato che in “Nessun segno di violenza”, nulla viene richiamato di quella terribile vicenda, e tuttavia il lettore attento non potrà non cogliere nella sensibilità e nella delicatezza con cui l’autore tratteggia la storia qui narrata, un suo personalissimo riferimento a chi ha perso ciò che di più caro aveva al mondo: la propria figlia.
Un accenno alla trama.
Alla periferia di Perugia, in una villa dover i ladri hanno ucciso anche i cani, viene ritrovato il cadavere di una ragazza straniera, Halimah Babotounde, studentessa universitaria tedesca di origini nigeriane. La morte, viene appurato, è dovuta a un mix di alcol e droghe. La ragazza ha avuto anche dei rapporti sessuali prima del decesso, ma non ci sono segni apparenti di violenza sul suo corpo.
Il proprietario della villa è un noto produttore cinematografico e nega ogni coinvolgimento: si trovava fuori città e ha perfino messo la villa in vendita, tant’è che ha dato le chiavi a un amico veterinario, il dott. Cassano, e a un agente immobiliare, Massimiliano Capotosti, fighetto quarantenne, belloccio, capelli fintamente in disordine, vestiario ricercato. Il primo per prendersi cura dei cani mentre era fuori sede, l’altro per venderla. Capotosti conosceva la ragazza alla cui agenzia lei si era rivolta per trovare casa a Perugia.
Qualcosa non torna fin da subito al commissario Giorgio Anselmi che, affiancato dal fido sovrintendente Roberto Ricci, deve muoversi in un contesto torbido che coinvolge altre studentesse Erasmus, Ayesha Nalayeh, inglese di origine somala, Adrienn Kovacs, ungherese, e Geena Wang, madre italiana e padre straniero. Nel mirino di Anselmi entrano anche l’agenzia immobiliare di Massimiliano Capotosti e altri soggetti con agganci altolocati che, tra depistaggi e ostacoli, metteranno ancora una volta alla prova il suo acume di sbirro e la sua umanità.
Perfino culo pesante scende in campo, ma soltanto per togliere il caso ad Anselmi che, da parte sua, non se ne starà certo fermo come al palo a vedere andare in fumo la sua indagine, per l’inettitudine del collega a cui sarà affidata, e troverà il modo di pareggiare i conti anche col questore.
L’autore, Domenico Carpagnano, ha una capacità di scrittura che, come il buon vino, migliora ad ogni prova e ancora una volta regala ai suoi lettori una storia capace di coinvolgere emotivamente e appassionare, sviluppando con la delicatezza che gli è propria una trama articolata in cui, anche le brutture che accompagnano l’esistenza dell’uomo e le nefandezze compiute per soddisfare biechi appetiti diventano pennellate. Pennellate che mettono in luce la metà oscura dell’uomo ma anche la voglia di giustizia che, sempre più, cresce in ogni essere umano, come accade a Kubra, la mamma di Halimah Babotounde, la giovane assassinata. Quella sete di giustizia a cui l’etica del commissario Anselmi saprà dare risposta.
Anselmi si sentì uno di famiglia. Uno dinanzi al quale Kubra non avrebbe dovuto temere di lasciarsi andare.
Le prese le mani e gliele strinse forte.
Domanico Carpagnano, un passato da avvocato, è un autore di umanità profonda che conosce bene gli attrezzi del mestiere e sa come usarli, dosando competenza e misura, senza descrizioni splatter, sparatorie, inseguimenti all’americana, ma confezionando un signor romanzo che si legge volentieri e tocca temi sensibili. Nato a Barletta dove ha esercitato la libera professione fino al 2013, appesa la toga al chiodo, si è poi trasferito a Perugia, città dove aveva completato gli studi giuridici, e si dedica a tempo pieno alla scrittura. Dopo il suo esordio nel 2016 con “Per una vita rubata”, ha pubblicato “La verità comoda”, “Gli occhi della Basilica” “Sono solo coincidenze” e “Humanitas”, tutti ambientati a Perugia.