Io non ho ucciso – Megan Lally 



Megan Lally
Io non ho ucciso
Newton Compton
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Perdere la memoria può essere un’immensa seccatura e lo è specialmente se ci si ritrova inzuppati di sangue. 𝐼𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝘩𝑜 𝑢𝑐𝑐𝑖𝑠𝑜 comincia così, con una ragazza che non sa più nemmeno il proprio nome ed è pure ricoperta di lividi. Se da un lato abbiamo lei, dall’altro abbiamo Drew, un giovane liceale che non riesce a darsi pace da quando la sua ragazza, Lola, è scomparsa. Né l’uno né l’altra sanno più che pesci prendere, specialmente Drew che è pure il sospettato principale a cui lo sceriffo non vuole proprio rinunciare.  Questi due POV vanno a braccetto per tutto il libro, alternandosi e creando un susseguirsi di eventi che presto darà forma a qualcos’altro.

Se l’inizio del romanzo ha un approccio fondamentalmente introduttivo e di presentazione dei personaggi, ad un certo punto i pezzi del puzzle si incastreranno per portare il lettore a diversi quesiti: Chi è questa ragazza? E dov’è finita Lola? 

Alla prima domanda ci può rispondere Wayne, colui che ritrova la povera adolescente senza ricordi, provandole in ogni modo che è sua figlia Mary. Benché la memoria sia ben lontana dal tornare, Mary ricomincia da capo, cosa che invece non sa fare Drew, poiché rimane fermo a quel tarlo che ormai si è insinuato nella sua testa: bisogna ritrovare Lola per forza, altrimenti non potrà andare avanti.

La narrazione è decisamente travolgente, accompagnata anche da descrizioni approfondite e dettagliate di vicende, ambienti e personaggi. Affidarsi a Mary è molto semplice, il lettore vive la sua stessa confusione, poiché non capisce cosa stia succedendo. Manca ogni punto di riferimento e tutto appare in maniera 𝑑𝑖𝑠𝑡𝑜𝑟𝑡𝑎, come se non si riuscisse a mettere perfettamente in ordine i tasselli della storia. Come ci si può fidare di una vita che non si riconosce più? Inoltre, si legge così tanto riguardo a Lola che pare di averla costantemente accanto per tutto il libro. Le ambientazioni cupe e fredde rendono il tutto ancora più immersivo. Ci si domanda continuamente dove la trama andrà a parare, quale sia il mistero da svelare, arrivando ad un finale sorprendente e che chiarisce ogni singolo dubbio.

Si potrebbe forse considerare la prima parte un po’ lenta dal punto di vista del ritmo, ma è efficace per visualizzare al meglio ogni elemento importante e per entrare in contatto con Mary e Drew, arrivando a conoscere anche Max e Autumn. Pochi personaggi principali ma delineati al punto giusto, anche se un maggior approfondimento dei secondari sarebbe stato sicuramente ben accolto.

𝐼𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝘩𝑜 𝑢𝑐𝑐𝑖𝑠𝑜 sa intrattenere, ma conduce il lettore anche ad un certo tipo di riflessioni: 𝐶𝘩𝑖 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑖𝑜.ᐣ 𝐶𝘩𝑖 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑔𝑙𝑖 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑖.ᐣ 𝐶𝘩𝑖 𝑠𝑖𝑎𝑚𝑜.ᐣ 𝐶𝑜𝑠𝑎 𝑛𝑜𝑛 𝑠𝑖𝑎𝑚𝑜.ᐣ

Anche quando si è convinti di conoscersi a pennello, ecco che qualcosa rompe quell’equilibrio. Si è disposti a lottare per quella tanto fragile identità che si possiede o ci si lascia calpestare da quella imposta da qualcun altro?  Non si tratta solamente di Mary che deve recuperare la sua intera esistenza, ma nemmeno di Drew che si tormenta per trovare Lola, questa è anche la storia di qualsiasi essere umano che sta cercando 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑐𝑜𝑠𝑎 e quel 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑐𝑜𝑠𝑎 ha la priorità su tutto. La ricerca sfrenata porta alla paura, all’angoscia per l’ignoto, all’impossibilità di fidarsi di chi è vicino.

Questa paura scaturisce dalla presenza concreta di una sola verità, una terribile e orrorifica consapevolezza a cui né Mary né Drew vogliono giungere.

L’insieme di tutto ciò viene espresso appieno nel titolo originale, ovvero 𝑇𝘩𝑎𝑡’𝑠 𝑛𝑜𝑡 𝑚𝑦 𝑛𝑎𝑚𝑒, il quale risulta ancora più incisivo e schietto di quello tradotto in italiano. Un viaggio nelle viscere dell’uomo, nel volere a tutti i costi trovare quel 𝑛𝑜𝑚𝑒, quella scialuppa a cui aggrapparsi per non sprofondare ancora di più nel terrore di non poter tornare più 𝑖𝑛𝑑𝑖𝑒𝑡𝑟𝑜.

Micol Sponchioni

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