Se avete letto qualcuno dei precedenti romanzi/gialli storici di Matteo Strukul, fermatevi un attimo. Resettate tutte le vostre opinioni. Soltanto così potrete tuffarvi nella lettura di “I sette corvi”, Newton Compton Editori, e abbandonarvi a una esperienza immersiva, che sarà in grado di risvegliare incubi, incertezze, retaggi onirici, ricordi e paure infantili, portandovi sull’orlo del baratro dell’orrore, per poi risvegliarvi con la cruda realtà, spesso più terribile dei peggiori incubi.
Ah, è meglio precisare subito che la fiaba dei fratelli Grimm (I sette corvi) non c’entra nulla, ma mentre vi addentrerete nella storia sentirete riecheggiare con forza le immagini di “Il corvo”, di Brandon Lee, di “Gli uccelli” di Hitchcock, ma anche il fruscio delle pagine scritte da Edgar Allan Poe e da Stephen King.
Strukul ha scritto una storia che sfugge a etichette di genere, creando una sorta di “grand guignol” che parte dai rigorosi schemi del thriller, attinge a piene mani dalle acque scure e turbolente del noir e approda agli incubi più cruenti dell’horror, attorniando protagonisti, vicende, luoghi e soprattutto lettori con atmosfere gotiche che raccontano molto delle passioni letterarie dell’autore. Il tutto immerso nella natura selvaggia, aspra, misteriosa, carica di leggende e di storie, della Val Ghiaccia, tra le montagne del Bellunese, quasi al confine con il Friuli.
La storia è ambientata nel gennaio del 1995 a Rauch, un piccolo paese della Val Ghiaccia. In un bosco, viene ritrovato il cadavere di Nicla Rossi, giovane insegnante della locale scuola media. L’assassino le ha strappato gli occhi, come se volesse simulare l’azione dei corvi. L’omicidio richiama alle modalità di un serial killer e la polizia di Belluno incarica delle indagini l’ispettrice Zoe Tormen, affiancata dal medico legale Alvise Stella. I due sono agli antipodi, come suggeriscono le iniziali dei loro nomi, l’ultima e la prima lettera dell’alfabeto: Zoe è figlia della montagna e sembra uscita dalla copertina di un disco di musica grunge, Alvise, invece, è un uomo di città, ama i completi, la musica classica e gli scacchi. Anche se i loro mondi sembrano destinati a entrare in rotta di collisione, dovranno unire le forze, perché nella morte dell’insegnante niente è come sembra. Nel piccolo paese si annida un male profondo che affonda le radici nella sete di giustizia e in un’antica leggenda. Oltre a Zoe e Alvise altri personaggi ruotano e ricoprono ruoli fondamentali: Rauna, la locandiera che ricorda la leggenda locale secondo la quale un ragazza era stata bruciata come strega, insieme ai corvi che avevano taciuto la sua colpa; Marco Donadon, il ragazzo che trova un piccolo corvo tramortito nel suo giardino, e la sua famiglia, che diventano il punto nodale attorno al quale la vicenda si sviluppa. Tutti personaggi che si muovono in uno scenario naturale che non fa da sfondo, ma è protagonista alla pari, che non ha dimenticato le ferite subìte dagli uomini e che sembra volersi vendicare, castigare.
Strukul è bravissimo nel costruire un crescendo di situazioni che filano a rotta di collo verso un inevitabile precipizio, creando nel lettore angoscia e voglia di leggere per capire quale sarà il punto di rottura o di soluzione, in una spirale magistrale di incertezza.
“I sette corvi” merita un posto di assoluto riguardo nella lista dei libri da leggere, ma la raccomandazione è di non cominciare a leggerlo quando state per andare a letto…