Quattro fratelli per un delitto – Hakan Nesser



Hakan Nesser
Quattro fratelli per un delitto
Guanda
Compralo su Compralo su Amazon

Eh no, non me lo dovevi fare, Hakan Nesser. 

Ho seguito con estrema partecipazione tutta la vicenda, entrando in punta di piedi – ma in profondità – in una storia familiare dalle tante sfaccettature, rimanendo attaccata alla vicenda, alle indagini intorno a un numero ristretto di sospetti, in una Svezia bianca di neve, a Natale, in piena pandemia.

E mi dici, all’ultima riga dell’ultima pagina, che occorre rivedere le indagini! 

La famiglia Rute è una famiglia strana: i fratelli non si frequentano, se non in rare occasioni.

Ma per la Vigilia di Natale sono tutti convocati al cospetto del fratello famoso, il celebre pittore Ludvig Rute, che invita i due fratelli e la sorella a Sillingbo per trascorrere le feste. Ma l’invito non è casuale: Ludvig deve fare una comunicazione importante, anche se Lars, Leif e Louise non hanno nessuna voglia di passare del tempo insieme.

Tra costose bottiglie di Sauterne e ricche portate, i commensali si interrogano su quale sia la vera ragione per cui Ludvig li ha voluti accanto a sé,  domandandosi cosa intendesse dicendo che era in gioco la vita di tutti loro.

In un clima reso ancor più inquietante dall’eco di una leggenda che investe la casa – la presenza del fantasma di una bambina morta, proprio lì – il romanzo si snoda con l’inconfondibile taglio chirurgico di Nesser, che seziona passato, presente e sentimenti senza lasciare nulla di insondato.

 Ludvig voleva e doveva fare pace con qualcosa, con un segreto enorme, profondo, radicato in quella famiglia bizzarra. 

Non lo sapremo direttamente da lui, perché viene ritrovato assassinato, lui che già si definiva condannato e perduto.

Lo sapremo dal commissario Gunnar Barbarotti e dalla sua compagna, e collega, Eva Backman che la mattina di Natale vengono svegliati dal loro capo, che ordina  di recarsi sulla scena del crimine.

Con le loro indagini sapranno risalire a un episodio, lontano ma non dimenticato, che tuttavia ancora non spiega la morte di Ludvig attribuita – inizialmente – a un ladro di quadri, magari sorpreso durante il furto dallo stesso Ludvig.

I due detective sapranno anche scavare nei tormentati rapporti tra i fratelli: ciò che colpisce in tutta la narrazione è la profonda umanità dei personaggi che Nesser ci propone, così umani da essere fallibili.

Ed è questo che mi permette di “perdonare” a Nesser il finale: mi ha veramente lasciata di stucco, ho continuato a sfogliare compulsivamente per cercare un epilogo qualsiasi, ma non l’ho trovato.

Non l’ho trovato perché, se si è così umani, è possibile aver seguito piste false, è possibile aver creduto a una soluzione ed essere certi che fosse quella giusta.

Ma se si è così umani, si può sbagliare e si deve ricominciare da capo.

Sto cercando di darmi una spiegazione, perché in realtà non ho particolarmente apprezzato questa scelta narrativa: da lettrice, io volevo sapere.

Invece, sempre da lettrice, ho accettato di non sapere ma di continuare a vivere in queste suggestioni, talvolta alla Pupi Avati, che sottolineano come spesso la vita diventi comprensibile solo nello specchio della morte o della malattia.

Nonostante i temi delicati e i rapporti tormentati, il romanzo offre anche scene divertenti perché il senso dell’umorismo di Nesser non riesce mai a essere completamente sommerso dalla trama.

 Mi è piaciuta molto la conversazione tra Barbarotti e Nostro Signore; Nostro Signore che risponde alle sue domande profonde, facendosi precedere da una sonora risata!

Marinella Giuni

Potrebbero interessarti anche...