Per non dimenticare Piazza Fontana

Milano. 12 dicembre 1969, ore 16,37. Un ordigno contenente sette chili di tritolo esplose nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana, provocando la morte di diciassette persone ed il ferimento di altre ottantotto. Una seconda bomba, rinvenuta inesplosa nella sede milanese della Banca Commerciale Italiana, in piazza della Scala, dopo i rilievi fu fatta brillare. Pochi minuti più tardi ne scoppiò un’altra, ma a Roma, nel passaggio sotterraneo che collegava l’entrata di via Veneto con quella di via di San Basilio della Banca Nazionale del Lavoro, ferendo tredici persone. Altre due bombe esplosero, tra le 17:20 e le 17:30, davanti all’Altare della Patria e all’ingresso del museo del Risorgimento, in piazza Venezia, ferendone quattro.

12 dicembre 1969: il Dies Irae, come lo ha definito Giorgio Boatti. Cinque attentati terroristici nel pomeriggio dello stesso giorno, concentrati in un lasso di tempo di 53 minuti, cinque azioni che rappresentano l’avvio di una strategia volta a incrinare le basi dello Stato democratico per consentire svolte autoritarie. In totale 378 le vittime del terrorismo, ma più in generale della violenza politica che ha attraversato l’Italia da quel 12 dicembre, fino al 2003, secondo il volume Per le vittime del terrorismo nell’Italia repubblicana (Istituto Zecca Poligrafica dello Stato, 2008).

Dopo quarant’anni, tra pista rossa e pista nera, la strage di Piazza Fontana è rimasta impunita. Il 3 maggio 2005 sono stati assolti definitivamente gli ultimi indagati. Franco Freda e Giovanni Ventura, neofascisti, accusati di essere stati gli esecutori materiali, vengono assolti per insufficienza di prove in tre processi (1981, 1984, 1985) e infine dichiarati non più imputabili nel processo del 1999 grazie alle assoluzioni ottenute. Delfo Zorzi, neofascista, imputato anche della strage di Piazza della Loggia, a Brescia, nel 1990 ammette di aver piazzato la bomba nella banca milanese ma riesce a fuggire in Giappone. Nel ’74 ne acquisisce la cittadinanza e cambia il nome in aken-cròiz (croce uncinata), cosa che gli regala l’impunità perché non può essere estradato.

Per cercare di far luce, non giustizia perché questo compito spetta alla Magistratura, soprattutto negli ultimi anni si sono scritti  dossier, articoli, saggi, a partire da Una finestra sulla strage (Feltrinelli), il primo libro sull’argomento scritto nel 1971 da Camilla Cederna.

Piazza Fontana. 12 dicembre 1969: il Giorno dell’innocenza perduta del giornalista Giorgio Boatti è forse il più completo volume sulla strage. Pubblicato nel 1993 per Feltrinelli, la nuova edizione del 2009 edita da Einaudi, è dedicata “a tutti coloro che si sono ricordati di non dimenticare”. Un volume che ricostruisce la vicenda politica e giudiziaria a partire dalle vite spezzate dalla bomba, quelle 17 felicità smarrite a cui è stata negata la verità, per arrivare all’epilogo degli evanuerunt dies, dei giorni fuggiti via.

Così com’è fuggito via l’uomo che ha messo la bomba. Chissà cosa pensava in quei minuti. “L’unica persona che conosce la verità, quella figura alta e silenziosa, dall’impermeabile chiaro e leggermente impolverato che nessuno nota mentre guarda dal finestrino senza vedere nulla”. Così lo immagina Daniele Cambiaso nel racconto Il sangue e l’oro, racchiuso nell’antologia Crimini di piombo (Laurum).

Un’indagine durata vent’anni, quella del giornalista Paolo Cucchiarelli che, ne Il segreto di Piazza Fontana, (Ponte alle grazie) mette in relazione elementi inediti, indispensabili per comprendere la reale dinamica dell’attentato e per identificare i mandanti e gli esecutori. Tra materiale fotografico e sei interviste a giudici, ex terroristi e dirigenti di servizi segreti coperti, l’autore cerca di rispondere alla domanda: perché lo Stato ha celebrato undici processi per quella strage, senza riuscire a indicare un solo colpevole, nonostante siano finite alla sbarra oltre quaranta persone?

Perché un commissario, il capo della squadra mobile Pasquale Juliano, è stato processato con l’accusa di aver costruito le prove contro i terroristi, lui, l’unico poliziotto che nel 1969 tentò di bloccare la cellula neofascista veneta? Simona Mammano e Antonella Beccaria, in Attentato imminente (Stampa Alternativa), ricostruiscono la vicenda personale e giudiziaria di Juliano, l’uomo che ha messo dieci anni per dimostrare la sua innocenza, l’uomo che poteva evitare la Strage di Piazza Fontana.

Ci sono tornata in quella piazza, un “luogo di operosi incontri civili”. C’è una targa in memoria del sacrificio delle 17 vittime innocenti, deposta nel primo decennale dell’attentato. Ci sono tornata in una giornata di sole, lontana anni luce da quel venerdì pomeriggio, in cerca dell’ispirazione e di una verità, una verità, che è stato detto, rende liberi.

francesca colletti

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