Settecento pagine a due voci. La prima: quella del comandante della gendarmerie di Tolosa, Servaz, ospite in una casa di riposo per poliziotti, tra le montagne innevate, dove gli viene recapitata una misteriosa lettera che lo costringerà a uscire dal guscio, affrontando anzitempo la sua depressione.
La seconda: quella di Christine, la conduttrice di un seguitissimo programma radiofonico presa di mira da un persecutore che la isola dal mondo, togliendole ogni punto di riferimento. Le due voci si alternano. Le due vicende s’incrociano… nello spazio (e capirete poi perché).
“Non spegnere la luce” scorre piacevolmente e senza intoppi, salvo fatto che un tomo così pesante (in senso letterale) e senza copertina rigida, fai fatica a maneggiarlo (ma cosa ha spinto l’ottima “Nave di Teseo” a pubblicare questo libro con una semplice brossura? Oppure, buon Dio, non poteva diminuire il carattere e di conseguenza recuperare, a occhio, un paio di centinaia di pagine?). Servaz, vale ricordarlo, era già stato protagonista dei due precedenti thriller di Bernard Minier, pubblicati in Italia da Piemme. E’ un uomo tormentato, testardamente impegnato nella ricerca di sua moglie e amante di Mahler. Sua figlia, per il compleanno, gli regala un cofanetto con diciassette cd del compositore e direttore d’orchestra austriaco.
Minier, che in Francia spesso sta in cima alle classifiche di vendita, ha una scrittura classica, sceglie le parole con accuratezza, utilizza la punteggiatura a dovere, dosa il ritmo alternando accelerazioni e frenate. Lo stile è cinematografico. Le due voci narranti si dividono in qualche modo anche la tensione narrativa: laddove parla Servaz sale il livello di adrenalina, quando è la volta di Christine “Non spegnere la luce” sembra strizzare l’occhio al femminile. L’altalena è tutto sommato interessante. L’atmosfera, poi, gioca un ruolo importante, ma qui divento di parte: adoro, infatti, il noir francese e tutto ciò che si trascina dietro (paesaggi malinconici, un sapore romantico, un certo snobismo e molto altro). Sullo sfondo ci sono: Tolosa, la “città rossa” dove neve e gelo contribuiscono a creare un’atmosfera da brivido, Natale e un non protagonista molto particolare, un clochard. Le settecento pagine sono ricchissime di citazioni (musica, cinema, arte e altro), mica male per un thriller che all’apparenza dovrebbe soltanto regalarci spensieratezza. Vi direi di portarvelo sotto l’ombrellone, se non fosse così ingombrante.
Però, vi avverto: non lasciatevelo scappare, perché a fine anno lo inseriremo nella lista delle dieci migliori uscite del 2017. O no? Se fosse una canzone “Non spegnere la luce” suonerebbe come un cd dei Les Négresses Vertes, se fosse un film l’avrebbe girato Luc Besson e avrebbe come protagonista Jean Reno. Voto: 8 e mezzo.
Non spegnere la luce
Alessandro Garavaldi