Se anche dovessero cercarla la cittadina di Santacroce Mamertina i lettori non la troverebbero da nessuna parte in Sicilia, e seppure l’assonanza richiama un’altra e ben nota località marina in provincia di Ragusa, la storia narrata dall’autore in questo romanzo, “Margini di un delitto”, si svolge lontana dai Monti Iblei. Per la precisione dall’altra parte della Sicilia, tra i monti Peloritani e la costa tirrenica della ridente provincia di Messina.
Siamo a fine estate, 31 agosto del 2015, e lo scirocco porta con sé tanta di quell’afa da far desiderare soltanto di starsene al fresco e a riposo. Un desiderio destinato a rimanere tale per l’ipocondriaco ispettore Ettore Falconare, rampollo di nobilissimi natali appartenente al casato dei Conti Ribera Olivarella della Falconara, ma costretto a sudarsi la vile pecunia a causa della mala sorte che, fin da giovinetto, lo vide finire sul lastrico.
Dieci anni prima, infatti, i suoi genitori, Adelina e Goffredo Falconara, scomparvero in circostanze mai del tutto chiarite durante una traversata transoceanica in barca a vela. A seguito della sentenza di dichiarazione di morte presunta, Ettore venne dichiarato quale unico e legittimo erede, ma vista la sua minore età come tutore legale il tribunale individuò zia Teresa, donna colta, quanto leggiadra e sensuale, dal cuore inquieto, ma affettuosissima col nipote. Inaspettata e amara fu però la sorpresa di zia Teresa quando gli avvoltoi volteggiarono sull’ingente patrimonio immobiliare ereditato da Ettore. Patrimonio terriero in origine vastissimo ma ridotto a pochi acri, gravato da ingenti ipoteche. Per salvare il poco che si poteva salvare e assicurato un gruzzoletto al nipote, zia Teresa s’era vista costretta a vendere ogni cosa. Quel giorno, che Ettore mai ha dimenticato, era stato il notaio Ildefonso Salemi, amico di famiglia che da mezzo secolo curava gli interessi dei Conti Ribera Olivarella della Falconara, insieme all’avvocato Rospigliosi, a convincere zia Teresa a non rifiutare l’offerta di Rudolfo Albano, un arrogante bellimbusto con la tasche piene.
E proprio Rudolfo Albano, detto Fofò, diventato nel frattempo proprietario di una florida azienda vinicola i cui chiacchierati interessi economici potrebbero essere legati al riciclaggio di denaro sporco delle cosche mafiose, è l’uomo ritrovato cadavere a casa sua, al civico 29 di via Custoza. Ad avvisare Falconara è il suo aiutante, Giangiulli, giovane e volenteroso abruzzese di Cepagatti in provincia di Pescara e per una volta l’ispettore è ben lieto di salutare Luciano Onder e il suo programma tivù che parla di medicina e salute. Ma quando si ritrova sul luogo del delitto e osserva il corpo orribilmente martoriato di Fofò Albano, a testimoniare come l’assassino s’era accanito con furia cieca, Falconara si rende conto che deve allargare il raggio delle proprie indagini e scavare nella vita privata dell’uomo che gli ha portato quel che restava della sua eredità pagandola un quarto del proprio valore.
Chi era veramente Fofò Albano? Chi l’odiava così tanto da torturarlo tanto ferocemente? La mafia? Oppure dietro quella morte orribile si nascondono altri segreti inconfessabili?
Nel susseguirsi di una girandola di personaggi come la dott.ssa Lucia Salemi di cui Ettore è infatuato; il grande Pino, alia Pino Lanza, un guru che del suo ascendente sulle donne ha fatto una stile di vita; le baronesse Costanza e Ninetta Balzanti, discendenti di Anzalone Balzanti, detto il Crociato, che nel 1091 aveva liberato la città di Ficarra dall’occupazione araba e per ricompensa ne aveva ottenuto la Signoria; la domestica di Fofò, Rosita Spataro, femmina di fiamme e fuoco, dal passato tutto da decifrare; Ciccio Sibari, pregiudicato detto il fisico e tanti altri, tra cui il mentore, di Falconara, il commissario Mallus, ne viene fuori un’umanità varia e avariata e la Sicilia tratteggiata da Frasca diventa specchio impietoso del Belpaese: “Perché l’apparenza, in fondo, è parte integrante della realtà.”
Un romanzo che accompagna il lettore in una terra contemporanea e immaginaria, immergendolo in una storia dalle tinte noir con un finale non scontato.