Nel suo semestre sabbatico, lontano da tutti, preso da problemi di lavoro e varie seccature, in piena solitudine, il suo unico diversivo era stato la tappa al Caffè Scorretto, dopo cena e mai nel fine settimana per evitare di sentire altre storie e problemi, così aveva vissuto Antonio Costanza, psichiatra e consulente del Tribunale per i crimini violenti, prima di cedere all’ennesimo invito dell’amico Elvezio e iniziare ad abbandonare la svogliatezza e l’apatia che accompagnavano le sue giornate divise tra l’ospedale e il carcere e la famiglia spezzata.
Protagonista del romanzo d’esordio di Corrado De Rosa “L’uomo che dorme” (Rizzoli), il dott. Costanza è lo specchio di una generazione disincantata e insicura, è un quarantenne irrisolto, con alle spalle un matrimonio naufragato senza un’apparente ragione, un figlio che si appresta a fare le sue scelte, una ex moglie in carriera, un padre che cede ai social network. Mentre in Italia lo spread è alle stelle , Antonio combatte con i piccoli drammi quotidiani che si acuiscono il lunedì mattina, turni di servizio, perizie in carcere, scuola calcio del figlio, scadenze e pazienti. Avvolto nella sua ragnatela rassicurante, il dottor Costanza cerca di schivare la possibilità di essere coinvolto nell’indagine su un killer seriale, o presunto tale, che ha ucciso due anziane prostitute.
Tra pugni nello stomaco che lo mettono davanti alle scelte delle persone a cui tiene e la possibilità di iniziare un nuovo rapporto sentimentale, Antonio non può sottrarsi alla perizia psichiatrica sul sospettato e partecipa a un caso in cui l’ispettore Cantillo brancola nel buio. Fa da sfondo Salerno con “l’odore di salsedine e di alghe”, il porto, il corso, i vicoli del centro storico che diventa custode e anche complice della vicenda che percorre le strade tortuose dell’animo e della mente umana come Antonio Costanza sfreccia per le strade della sua città con la Vespa PX 200.
De Rosa, psichiatra e autore di numerosi saggi scientifici e divulgativi, entra a pieno titolo nel mondo della narrativa di genere ma in modo del tutto personale, omaggiando anche i classici, con una commedia nera che fa riflettere col sorriso. Chi si era appassionato a grandi psichiatri letterari come Eustache Hailey e Basil Willing non può non apprezzare Antonio Costanza.
Il dott. Costanza è “avvolto in una ragnatela” in cui sta comodo, con lui fai una sorta d’indagine sull’insicurezza di un’intera generazione?
L’insicurezza è uno dei temi che volevo affrontare. Il romanzo è ambientato negli anni della crisi economica, la vicenda criminale è scivolosa. La ragnatela di Antonio, però, è il simbolo dei quarantenni irrisolti.
Psichiatra, padre, figlio, marito, Antonio non si sente perfettamente adeguato in nessun ruolo. L’inadeguatezza fa parte anche della vita dell’ispettore Cantillo?
Cantillo è coetaneo di Antonio. Ha avuto un percorso diverso ma, come lui, è un ottimo professionista. Diciamo che, sul piano personale, non ha ancora trovato la sua strada.
La cronaca nera in tv ci ha abituati al dolore degli altro e tutti ci sentiamo detective. Secondo te è un modo per esorcizzare il male e considerarlo lontano da noi? Pensare che chi compie un delitto è un pazzo criminale ci fa sentire più sicuri di noi?
Si. Il matto tranquillizza, il matto è altro da noi. Pensare che chi ammazza moglie e figli, e poi magari va a vedere la partita al pub, è un pazzo, ci fa dire: una cosa del genere la può fare solo un pazzo. Io non sono pazzo, a me non potrà mai succedere.
Da Faletti a Carlotto a Carrisi sono tanti i maestri del thriller che hanno raccontato di killer seriali. Perché hai scelto anche tu un omicida seriale?
In realtà, si tratta di una sorta di “seriale per caso”. E Antonio Costanza non parla mai esplicitamente di serial killer …
Sentimenti forti possono spingere a uccidere. Anche il narcisismo può portare a compiere un crimine violento?
In casi estremi, perversi e rari, si. Perché il miscuglio di grandiosità, scarsa capacità di tollerare le frustrazioni e bassa autostima possono scatenare odio, rabbia primitiva e desiderio di vendetta.
Come e quanto la simulazione può condizionare o falsare una perizia psichiatrica?
Al momento sappiamo poco sul “quanto” e di più sul “come” e sul “perché”. In Italia, non esistono dati epidemiologici sui tentativi di falsare i processi attraverso l’uso strumentale delle malattie. Ma il tema è stato spesso al centro del dibattito politico. In USA, per esempio, prima di essere travolto dallo scandalo del Watergate, Nixon aveva in agenda politica una riforma per arginare questa strategia processuale. I metodi si sono affinati, ormai sono sofisticatissimi. E non c’è grande processo della storia criminale d’Italia che non abbia avuto i suoi finti pazzi. Il “perché” del suo utilizzo è presto detto: attraverso perizie compiacenti si può raggiungere l’impunità.
Un filo narrativo comico s’insinua nel romanzo come un ricamo. È una comicità non consolatoria, amara e nera. Spinge a riflettere?
Ho provato a mescolare le due tonalità. Un po’ perché non prendersi troppo sul serio è necessario, un po’ perché mi interessava utilizzare un timbro ironico che facesse da sponda ai dubbi e non alle certezze.
Calcio, canzoni, cani e qualche gatto.
Antonio Costanza può giocarsela con un criminale, ma con i cani perde sempre. Specie se di taglia piccola …
Quanto di te e delle tue passioni o delle tue paure hai riversato nel romanzo?
A parte la passione per il calcio e la paura per i cani piccoli, poco altro.
La storia intreccia 2 piani narrativi quello dell’indagine sugli omicidi e quello della vita privata e professionale di Costanza. Da quale sei partito?
Dalla vita privata di Antonio, dai suoi affetti e dalle sue debolezze.
Antonio Costanza è un uomo irrisolto, i chiaroscuri e le contraddizioni della sua città riflettono i suoi stati d’animo?
Salerno ha una bellezza di forma e un’inquietudine di sostanza. È una città sospesa, indefinita. Ancora alla ricerca di identità. Un po’ come Antonio, in effetti.
Dopo tanti saggi come sei arrivato alla narrativa?
Anche se in La mente nera avevo dato più spazio alla narrativa, si è trattato di un curioso sliding-door. È successo tutto per caso durante la presentazione di un libro di Massimo Carlotto, a Milano, mentre lavoravo a tutt’altro.
Costanza personaggio seriale. Hai già pensato alla prossima storia?
No, Antonio è scaramantico. E anch’io.
MilanoNera ringrazia Corrado De Rosa per la disponibilità