Non si picchia soltanto perché si è bevuto. E non è detto che chi ha bevuto alzi le mani. Però mi ha sempre colpito il culto che la sbronza ha nella letteratura americana. E gli effetti nefasti che invece ha, in particolare sulle donne, nella realtà quotidiana.
Così vi sottopongo due cose molto diverse… legate dall’alcol. Il primo è un libro, Off Magazine Street, di Ronald Everett Capps, che Mattioli 1885 manda in libreria con il titolo Una canzone per Bobby Long, lo stesso del film uscito nel 2004 e interpretato da John Travolta e Scarlett Johansson. È un romanzo ideale, come sa chi ha già visto il film, per chi ama i maledetti redenti: Bobby Long, ex professore universitario, e Byron Burns, scrittore fallito (guarda caso) accolgono in casa un’adolescente sbandata, ma non troppo, visto che giustamente rifiuta di andare a letto con loro.
Quelli ci straparlano sopra, ovviamente ipotizzano che sia lesbica, e poi finiscono col pagarle di studi e non farle nulla. Poi ognuno per la sua strada, che, in America, è sempre l’inizio di un’altra vita e migliore. La cronaca in genere racconta altre storie. In fondo però la letteratura serve anche per illuderci che esista l’happy end.
Bevono come pazzi anche nel film I racconti di Stoccolma. Non perdetevelo. In realtà gli uomini che nel film costringono una ragazza a “suicidarsi” perché ha ritengono che abbia “infangato l’onore” di famiglia non bevono affatto. Ma “loro” sono stranieri. Gli svedesi, invece, hanno sempre un grosso bicchiere di vino in mano. Non è questo, però, a rendere un giornalista l’aguzzino di sua moglie, anche lei giornalista e di successo, e i suoi colleghi omertosi “complici”. Né tanto meno è questo ad aizzare l’odio contro un omosessuale, nel terzo episodio del film. La violenza contro le donne e gli omosessuali, come racconta il regista Anders Nilsson (con fin troppa political correctness) si annida a qualsiasi livello sociale e culturale. Opprime le immigrate, non soltanto islamiche. Ma anche le donne colte, famose e affermate. E non c’è società che ne sia al riparo, compresa quella svedese, che riteniamo a ragione tra le più evolute.
I protagonisti di Nilsson alla fine si ribellano, anche qui va a finire (quasi) bene. Quello che colpisce è che perfino in Svezia una donna maltrattata non è creduta. In un momento in cui un’incredibile violenza xenofoba sta attraversando l’Italia, anche da noi servirebbe ricordare con più frequenza che circa il 70% delle violenze sulle donne sono attuate dai partners o ex-partners. E solo nel 24,8% dei casi la violenza è stata compiuta da uno sconosciuto (straniero solo nel 10% dei casi). Il guaio è che le donne non denunciano quasi mai i maltrattamenti e gli stupri domestici. Permettendo, soprattutto agli uomini, di continuare a inveire contro i cattivi “uomini neri” che violentano le donne bianche. Anche il razzismo contro gli italiani, negli Stati Uniti e in Nord Europa, partiva sempre da questa accusa. Sarebbe bene ricordarselo ogni tanto.
Contro una piaga gravissima (contro cui non ricordo alcun intervento dei nostri politici celoduristi) c’è ora anche un sito: www.controviolenzadonne.org. Merita una visita, non soltanto da parte delle donne.