WW (DiRottamenti) – Parlando di uomini

Francisco Coloane è “tornato al mare”, è morto, a 92 anni, nel 2002. È quasi difficile credere che non ci sia più. Nella sua vita di grande scrittore – grande perché grande uomo (e anche uomo grande, viste le dimensioni…) – ne aveva viste di tutti i colori: pastore nelle sterminate tenute della Terra del Fuoco, mozzo, marinaio, viaggiatore, giornalista. Curioso. Della natura, in primo luogo.

Della sua terra sterminata, il Sud del Cile, fino allo stretto di Magellano, soprattutto. Ora Tea pubblica in economica (8,60 euro) la sua autobiografia, o meglio la sua raccolta disordinata di appunti, messi insieme da José Miguel Varas e tradotti da Pino Cacucci.

Una vita alla fine del mondo uscì in lingua originale (e con il titolo Los pasos del hombre) nel 2000 e contiene così tanti progetti, tanta energia, tanta capacità di stupirsi ancora, che, appunto, sembra impossibile che, da lì a due anni, Coloane, il Jack London cileno, sia morto. Eppure le pagine (che del disordine originario contengono ancora alcune ripetizioni, alcune inutili lungaggini da guida turistica e alcune curiose definizioni tipo che l’anno 1650 appartiene al Medioevo) si concludono con una frase reiterata: “Sogno spesso mio padre e risento di frequente le sue ultime parole: «Torniamo al mare»”.

Così, immaginiamo, deve aver fatto quest’omone inarrestabile e profondo che adorava gettarsi in acqua appena possibile, che non ebbe mai paura delle tempeste e delle onde in quelli che sono i mari più pericolosi del mondo. Ma perché in questa rubrica, che si occupa soprattutto di donne, parlo di Coloane?

Non solo perché i suoi libri sono bellissimi. Ma perché è stato davvero l’uomo-uomo, coraggioso ma non spavaldo, forte ma non brutale, inquieto ma capace di grandi passioni.  E soprattutto leale sino al sacrificio di sé.

Per esempio, quando sua moglie Eliana perse il posto in Cile, lui accettò di seguirla in Cina, dove lei aveva trovato una nuova occupazione. Ci sono soprattutto uomini nella vita di Coloane, ma le donne che vi appaiono sono indimenticabili, a cominciare dalla madre, Humiliana, così descritta: “Sedeva a poppa, infilava la barra del timone come fosse un manubrio di bicicletta e prendeva in pugno le cinghie di cuoio per governare la barca. Le maneggiava al pari delle redini di un cavallo…”. Non c’è mai una parola ironica o scortese verso le figure femminili che hanno accompagnato o attraversato la sua vita.

Anzi di alcune, come Nelly Lawrence, indigena yáman, si parla con ammirazione e rispetto. Anche se spesso le grandi figure della letteratura femminile latino-americana vengono solo citate, come Gabriela Mistral, premio Nobel nel 1945. In un suo sonetto, la Mistral aveva scritto: “La sua barca è spinta da un nero vento di tempesta. Riportamelo nelle mie braccia o raccoglilo in fiore…”.

A Coloane sarebbe piaciuto.

valeria palumbo

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