Società Editrice Milanese ha pesanti frecce nel suo arco e Piernicola Silvis è una di queste; una freccia precisa come poche altre, capace di mirare al lettore non rara precisione e colpirlo senza lasciargli scampo.
Perché i suoi lemmi, il suo lessico, la sua costruzione narrativa sono squisite rarità e questo suo ultimo lavoro ne è la prova più tangibile.
L’Autore ci conduce attraverso i più bui cunicoli della Storia, anzi di quella Storia.
Uomini e armi che scrivono con inchiostro scarlatto uno dei capitoli più cupi dell’evoluzione, rectius involuzione, di quell’imperfetto bipede denominato “uomo”.
Anna è un personaggio complesso nella sua primitiva, quanto apparente, leggerezza, che vive un quotidiano fatto delle ovattate volubilità di chi dinanzi a sé ha una strada di vita asfaltata dall’agiatezza di famiglia, ma che improvvisamente decide di prendere il bivio che convoglia verso quello sterrato impervio in direzione del proprio passato, attraverso tornanti e strapiombi, iniziando così un percorso di ricerca della propria storia familiare che scopre essere intrecciato a doppio filo con uno degli eventi più tetri del nazismo italiano.
E Piernicola Silvis non racconta una storia, ma empatizza con se stesso e con il lettore che non viene banalmente preso per mano e collocato al centro di una ricostruzione storica di una delle più efferate stragi dell’Italia del 1944, ma viene trasfigurato in un incredulo sopravvissuto, lacerato negli abiti e nello spirito.
Chiudiamo il libro con una sensazione di completezza del percorso personale di Anna, ma con la contemporanea angosciosa sensazione di tornare anche noi a casa, inverosimilmente superstiti di quella maledetta strage di Sant’Anna di Stazzema.
Storia di una figlia Piernicola Silvis
Giuseppe Calogiuri