Abbiamo fatto le stesse domande a alcuni degli ospiti che interverranno a Paura sotto la pelle 2.
Domande ” da paura” ovviamente…
Divertitevi leggendo le risposte che hanno dato.
Ecco le riposte di Roberto Centazzo attualmente nelle librerie con Operazione sale e pepe. Terzo volume della forunata serie Squadra speciale Minestrina in brodo.
La più antica e potente emozione umana è la paura, e la paura più antica e potente è la paura dell’ignoto. (Howard Phillips Lovecraft). Sei d’accordo?
No. Per me la paura più grande è quella di morire. E infatti in quasi tutti i noir (eccetto i miei )c’è il morto, morto che innesca una serie di meccanismi : chi è stato a uccidere? e perché? Si teme quindi l’assassino più che l’ignoto, la dipartita improvvisa, più che l’ignoto. E infatti Lovercfraft era più autore di fantascienza o del cosidetto horror che di noir.
La paura è una componente fondamentale della natura umana, è con noi dalla nascita. Cosa ti fa paura? Come la esorcizzi?
A me terrorizza l’idea di non esserci più. Non la esorcizzo. Tutti i giorni vivo cercando di non sciupare neppure un minuto.
Da bambino qual era la tua favola preferita? Amavi quelle paurose?
Amavo le favole con gli animali, le favole che contenevano un insegnamento. Difatti ho anch’io da poco pubblicato una favola. s’intitola Togliete i lupi dalle favole. Una favola in favore degli animali. Purttoppo con le favole come Cappuccetto rosso si educano gli uomini sin da bambini a credere che il lupo sia cattivo e che perciò vada abbattuto, legittimando così la caccia e la crudeltà umana.
Quale percorso ti ha portato a scrivere storie che hanno a che fare con la paura, con i timori e con le ansie?
Con le ansie e con i timori di sicuro. Ansia di non avere abbastanza tempo, timore di non farcela. Il tempo è sempre il protagonista silenzioso e dietro le quinte di tutti i miei lavori.
Come si riescono a trasmettere queste sensazioni con le parole?
Semplicemente anteponendo l’aspetto umano a quello della fiction. Tutti noi abbiamo ricordi, spesso ne rimaniamo ingabbiati, abbiamo ansie, abbiamo nostalgie, malinconie. L’azione, credo, sia lo 0,5 % della nostra vita ecco perché non amo film e telefilm polizieschi e neppure i libri che sciommiottano le americanate con dozzine di morti, inseguimenti e sparatorie.
Per far paura sono più efficaci scene truci e truculente o la normalità che si trasforma improvvisamente in incubo?
Sicuramente la seconda. Già di per sé appare terrificante che la normalità possa diventare incubo. Pensa alla solitudine, a quanto possa essere angosciante.
La paura tra parole e immagini. Difficoltà e tecniche per instillare il timore nel lettore.
Non credo servano le tecniche, e neppure i trucchi. Il timore di rimanere soli con noi stessi è ancestrale, biogna avere strumenti adatti per gestirlo. Gli scrittori sono abituati a convivere con la propria solitudine, a porsi domande. Paradossalmente si potrebbe dire che il romanzo sia la condivisione col pubblico della propria solitudine.
Sono cambiate le nostre paure? E il modo di descriverle? Il maestro assoluto della paura di oggi, il Re, dice che la sua ispirazione è sempre, da sempre, il babau, ‘uomo nero. Quante declinazioni può avere oggi l’uomo nero? Escludendo ovviamente la deriva razzista.
Come sostenevo prima tutto deriva dalla paura di morire. Pensa a qualunque scena di paura: sei di notte in un cimitero, senti dei passi provenire da distante, inizi a correre. Scappi. Ma se fossi immortale, se nessuno potesse scalfirti neppure con un lanciarazzi, scapperesti? Io dico di no. Abbiamo le identiche paure che hanno gli animali. L’istinto di sopravvivenza ci fa prestare attenzione, ci fa rizzare le orecchie. Puro spirito di conservazione.
Sono sempre di più gli autori che mescolano al noir l’ironia e la risata, un modo per esorcizzare la paura o un modo per sottolinearla e renderla ancora più efficace?
Un modo per non prendersi sul serio. Le persone che parlano bene la chiamano “leggerezza Calviniana” io più semplicemente sono convinto che si possano dire cose serie col sorriso, senza annoiare, i libri barbosi ormai, alla mia età, li butto.
I tuoi riferimenti letterari o cinematografici di genere sono…
Leggo molto ma non vado al cinema. Da decenni. avete presente quello che parla col vicino e gli chiede spiegazioni, non capisce, insomma rompe le scatole a tutti e tutti gli fanno “Shhh! silenzio”. Ecco, quello ero io. Ho bisogno di tempo per capire. Le immagini mi deconcentrano, non riesco a seguire la storia. Con il libro questo non succede. E poi, per tornare al discorso di prima, leggere è un’azione che sublima la solitudine. e ognuno immagina i personaggi in base ai suoi occhi, alle sue esperienze. Leggere insomma stimola la fantasia. La fantasia si nutre di fantasia. I miei riferimenti? Jerome, Campanile, Zavattini, Roth, Chase. e mille altri.
L’appuntamento con Roberto Centazzo e gli altri ospiti di La paura sotto la sotto la pelle 2, brividi nelle parole e nelle immagini.
Giovedì 29 e venerdì 30 novembre 2018, ore 10.00 e 14.30,
Aula magna Giovanni Pascoli e aula Forti -Via Zamboni 32-BO
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