Il pazzo col bisturi



Yasmina Khadra
Il pazzo col bisturi

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Negli uffici di polizia che sorvegliano il centro di un’Algeri scaraventata contro un ventunesimo secolo ammantato di democrazia, modernità e omologazione allo stile di vita occidentale, una discussione noiosa viene interrotta dal trillo del telefono del commissario Llob. L’anziano e arcigno poliziotto ne riceve tante telefonate: lavate di testa per le frequenti insubordinazioni, ambasciatori incaricati di consegnare cattive notizie, squilibrati in cerca di attenzione che sfogano in quella strana maniera il disagio per una vita metropolitana da cui sono esclusi.
La conversazione è diversa dalle solite. Molto diversa. Una voce rotta da spasmi usa vocaboli orribili, parla di eventi terrificanti, racconta fatti di sangue con agghiacciante verosimiglianza. Il commissario percepisce distintamente il gelo della morte in quella voce ma Lino, il non brillante subalterno che ama i libri polizieschi, convinto si tratti di un mitomane riesce a persuadere il diffidente superiore.
Il telefono di Llob squilla di nuovo, e questa volta dall’altro lato della cornetta c’è il Direttore del distretto: “un ipocrita, leccaculo, pieno di sé, con il merito di rappresentare, lui da solo, tutta la genia dei vigliacchi”. In maniera poco amichevole il capo intima a Llob di abbandonare il dossier 6015, un caso da insabbiare senza discussioni in cui risulta coinvolto un figlio di papà e di quella nuova Algeria prona agli Stati Uniti e all’Europa. A malincuore il commissario è costretto a cedere.
Offeso per non essere stato creduto, insensibile alla quotidianità del reparto di polizia, l’autore della prima chiamata si materializza, appropriandosi con una sola mossa delle paure dell’intera Algeri. Allestisce uno spettacolo che gronda sangue e pezzi di cadavere, uno show grandguignolesco destinato a monopolizzare l’attenzione della stampa e che gli procurerà un inquietante e sgradito soprannome: il Pazzo col Bisturi.
L’oscuro disegno del serial killer si sviluppa seguendo per le vie della città le metafore acrobatiche del commissario Llob/Yasmina Khadra/Mohammed Moulessehoul, artigli che scavano in profondità la nuova Algeri: quella degli shopping mall dove chi parla francese dà del lei e vede l’arabo come la peste, o quella dei bordelli sul lungomare in cui al ritmo della musica raï vengono soddisfatti i desideri carnali degli occidentali e degli algerini facoltosi, in un mercato dove ognuno ha un prezzo.
I cadaveri sviscerati si moltiplicano. Pezzi di verità vengono a galla rivelando i volti delle prossime vittime e le motivazioni patologiche dietro la strage. Perché il Pazzo col bisturi non è pazzo per nulla. È spietato e sanguinario ma è anche un freddo calcolatore che tiene in mano i fili della tragica messinscena di cui si è voluto protagonista, intitolata il “Vendicatore col Bisturi” e non quell’altra parola. Un copione studiato alla perfezione, fino all’ultima scena, dove nondimeno s’inserisce un’interferenza imprevedibile: l’istinto da sbirro del commissario Llob.

 

Thomas Melis

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