Dopo l’esordio nel giallo con L’ultimo Pinguino delle Langhe, che gli è valso il Premio Scerbanenco 2024, lo scrittore e sceneggiatore Orso Tosco torna in libreria con una nuova indagine del commissario Gualtiero Bova, detto “il Pinguino”, trasferito per punizione dalla Liguria alle Langhe.
A poco più di un anno dall’uscita del suo primo romanzo, l’autore presenta il suo secondo giallo, dichiarando: “Il Pinguino è stato generosissimo nei miei confronti. Mi ha permesso di conoscere persone e realtà nuove, di confrontarmi con lettrici e lettori di ogni tipo e mi ha regalato soddisfazioni inaspettate. La controra del Barolo è il mio modo di sdebitarmi con lui e con chi mi ha accompagnato in questo viaggio”.
Il commissario Bova è un personaggio intrigante. A partire dalla sua strana e lontana famiglia: un fratello sempre in giro per il mondo, una madre presente solo attraverso puntuali registrazioni telefoniche giornaliere. Tutti bellissimi, tranne lui, che non è stato adottato, ma, per un capriccio della genetica, è stato sadicamente segnato da caratteristiche fisiche infelici. Alto, massiccio, con un corpo a pera, spalle curve, braccia corte e occhi minuscoli quasi scomparsi nel faccione baffuto, spesso nascosto dal fumo della sua pipa (un Maigret rivisitato?). Nel suo guardaroba, immancabile la muta, indispensabile per i bagni invernali nelle acque gelide del basso Piemonte. Un’abitudine che contribuisce al suo soprannome: il Pinguino.
Caratterialmente è malinconico e ha bisogno di un “aiutino” per affrontare gli affanni quotidiani. Ricorda, neanche troppo velatamente, Schiavone e il suo manziniamo humour, tra il ricorso a sostanze proibite e la costante presenza nella sua vita di Gilda Gildina, una bionda e conturbante bassotta a pelo lungo. Nessun fantasma di una moglie morta ammazzata per lui, ma un fardello altrettanto pesante: Ava, il suo grande amore, da sei anni in coma, attaccata a una macchina in una clinica ligure. Quasi “ammazzata” anche lei… e da chi?
Poi ci sono i trasferimenti punitivi: Schiavone da Roma ad Aosta, Bova da Genova alle Langhe, con residenza a Marsaglia e ufficio a Mondovì (promoveatur ut amoveatur). In questa terra, dove continuerà a non trovare pace, un lunedì di fine novembre, con l’inverno ormai alle porte, il commissario vorrebbe godersi una solitaria nuotata tra i calanchi della Clavesana. Ma il telefono squilla proprio mentre, tremante di freddo, sta per togliersi la muta. Dall’altro capo, la voce ansimante di un prete, vecchio amico del suo vice Raviola, gli annuncia un furto… non in canonica, ma nel cimitero di Cortemilia. Hanno scavato, aperto una bara e rubato un morto: Gaspare Migogna, suicidatosi e sepolto quasi un anno prima.
Poche parole, ma sufficienti a far capire che il Pinguino si troverà tra le mani un caso strano e complesso, destinato a trasformarsi in un orrore inimmaginabile. Un’indagine che pare intrecciarsi a un vecchio caso irrisolto, ma stavolta ancora più inquietante: dietro a questo furto emergono radici profonde, aggrovigliate all’oscurità dell’animo umano, e una rete criminale pericolosamente ramificata. La Provincia Granda, apparentemente immobile, diventa il teatro di un’intricata vicenda che affonda nei segreti di antichi conventi, custodi di usanze proibite. Un mondo dove fanatici adepti di sanguinari rituali si muovono impunemente, celandosi dietro il paravento delle tradizioni popolari e servendo innocenti pietanze da catering che nascondono, in realtà, spietati cacciatori di demoni, torturatori e assassini.
Il tutto è reso ancora più inquietante da giochi di potere tra sette e confraternite votate al male. Per sbrogliare questa difficile indagine, il Pinguino dovrà contare sul supporto della sua stramba, ma insostituibile squadra poliziesca: la dottoressa Lubatti, rigorosa e professionale esperta della scientifica; il vice Cristiano Raviola, un mandrillesco sosia di Travolta; Carla Telesca, arguta ex promessa del rugby; e Listeddu, noto più per la sua mancanza di ingegno che per il suo acume investigativo, vittima designata del balon o pallapugno, un gioco sconosciuto ai più, ma quasi una religione tra Piemonte e Liguria. Senza dimenticare l’aiuto prezioso di Miriam Albastro, domestica infaticabile e “fiammante” (per via dei capelli rossi), che ha trovato un’insperata alleata in Caterina, detta Caty, la new entry del commissariato con una passione per i droni. Un dettaglio che si rivelerà cruciale…
Il commissario Bova è un protagonista pieno di contraddizioni: dubbioso ma intuitivo, schietto ma gentile, duro ma comprensivo, malinconico e al tempo stesso involontariamente buffo, dotato di un’intelligenza straordinaria che lo porta dove vuole. Ah, e non guasta – anzi, lo rende ancora più umano – il fatto che sia un tantino dislessico.
Una trama complessa, immersa in un’atmosfera di grande bellezza, tra profumi e sapori irresistibili (imperdibile la descrizione di Gemma, padrona della Trattoria Nisurin, e del gargantuesco appetito del commissario). Ma dietro questa cornice suggestiva, l’ombra del noir incombe.
Il secondo grande protagonista del romanzo è il territorio delle Langhe: colline ondulate, vini pregiati, ambientazioni affascinanti, questa volta ricoperte di neve. Quella neve che “permette alle piante di riposare, di dormire in santa pace”. Quella neve che regala alle vigne la controra del Barolo.