Siamo nel 1953, Raymond Chandler è uno scrittore di successo, già in lotta con l’alcol, e sua moglie è vittima di una malattia incurabile che l’anno successivo la porterà alla morte. In questa situazione drammatica Chandler decide di scrivere un romanzo sul significato dell’addio.
I personaggi, i problemi che affrontano, il lettore stesso, tutto viene travolto dal senso dell’addio, dalla sensazione dell’evento inevitabile e sconvolgente che deve accadere. L’Addio viene incarnato dal commiato di Philip Marlowe al grande amico Terry Lennox, un lungo addio che dura per tutta la durata del romanzo, le cui conseguenze si ripercuotono su tutti gli attori della tragedia.
Sylvia Potter-Lennox è morta, uccisa presumibilmente da suo marito Terry, la fuga messicana di quest’ultimo, supportata e coperta dall’amico Marlowe, costituisce una prova schiacciante. Harlan Potter, ricco e potente padre della vittima, ha tutto l’interesse a concludere rapidamente la vicenda e sfrutta la morte di Terry in Messico per far chiudere l’inchiesta.
Philip Marlowe, nel frattempo, mette in gioco tutta la sua vita per coprire la fuga dell’amico, finisce in carcere, subisce un interrogatorio-pestaggio da parte della polizia e rischia d’essere ucciso per mano d’un gangster. Non crede che Terry sia l’assassino di Sylvia, e si ripromette di riabilitare il suo nome, anche nella morte.
Improvvisamente fanno la loro comparsa sul palcoscenico altri due personaggi: Roger ed Eileen Wade. Uno scrittore di successo, schiavo dell’alcolismo, inguaribilmente depresso e la sua splendida moglie, figura quasi eterea che diventa terribilmente concreta quando nasconde le violenze alcoliche di suo marito. Marlowe viene prima incaricato di rintracciare un fuggitivo Roger, poi di proteggere Eileen da eventuali raptus di violenza da parte dello scrittore.
Ultima, ma importante, pedina sulla scacchiera di Chandler è Linda Loring, sorella di Slvia Potter e amica degli Wade.
Raymond Chandler ci descrive personaggi a prima vista diversi, ma resi fratelli dall’Addio, e da un quotidiano squallore fatto di alcolismo, solitudine e disillusione.
Sylvia Potter, la vittima, è l’incarnazione della noia. Ricca, viziata, tanto piena d’orpelli da aver perso ogni sorta d’emozione, completamente svuotata dal futile, costretta a combattere l’intorpidimento emotivo con schiere d’amanti. Terry Lennox, suo marito, non è che un debole, un uomo fragile e terrorizzato dalla certezza che la sua vita diventi vuota e priva di senso, come quella di Sylvia. Roger Wade è tanto uno scrittore di successo quanto un uomo fallito, totalmente deluso dalle luci della ribalta, dal mondo dell’editoria e dai lettori che gli richiedono solo banalità e mediocrità. Divorato dall’alcol al punto da cambiare completamente personalità con un cicchetto, ossessionato dal whisky, consapevole d’essere un uomo finito e senza possibilità di redenzione. Eileen Wade sarebbe la gemella di Sylvia, se non le differenziasse la speranza. Come Sylvia è disillusa, vuota, sarebbe una donna finita se non fosse per i suoi grandi amori che persegue con tutto ciò che rimane di lei, al punto da subire e giustificare le violenze del marito, al punto di tentare di sedurre Marlowe, di cercare un nuovo amore, una nuova speranza. Al punto da uccidere quando questi amori le vengono negati.
Uno dei protagonisti è l’alcol: una presenza ingombrante e scomoda che investe tutti i protagonisti, li divora e li distrugge, costituisce una fuga e una speranza, vana in partenza, influenza la loro vita, li costringe alla schiavitù della dipendenza, ad un rapporto necessario ma privo di qualsiasi piacere. “L’alcol è come l’amore”, scrive Chandler, “Il primo bacio è magico, il secondo è intimo, il terzo è routine. Dopo di che spogli la donna e basta.”
Linda Loring, sorella della vittima, è un personaggio emblematico, nell’economia della narrazione può apparire in secondo piano, ma rappresenta la metafora dell’addio stesso, il senso del romanzo.
Linda, a dispetto di Sylvia ed Eileen, è una donna forte, compiuta, è un’eccezione del sistema: emotivamente ricca, onesta e coraggiosa. Linda è Marlowe al femminile e, inevitabilmente, i due vivono una passione bruciante, tanto da portare Linda a chiedere al detective di sposarla.
“Non durerebbe sei mesi”, è l’immediata risposta, ma Chandler vuole parlare del matrimonio, e l’occasione è servita. Il matrimonio non è un’assicurazione garantita contro ogni rischio, non è che un’illusione di breve durata; con amarezza Chandler, Marlowe e Linda lo sanno bene, e la vita solitaria è inevitabile. “Per due persone su cento è meraviglioso. Gli altri si limitano a tirare avanti. Dopo vent’anni, a tutti i mariti non rimane altro che un banco da falegname nel garage.”
Linda, però, insiste e la sua insistenza è un grido d’aiuto, il matrimonio rappresenterebbe per lei un barlume di speranza nella consapevolezza del proprio destino, un avvenire del tutto simile a quello di Sylvia ed Eileen. Marlowe, però, sa bene che la speranza non esiste, aggrapparsi ad un barlume fioco non farà che ritardare l’inevitabile: la fine inevitabile, l’addio inevitabile.
“La strinsi a me e lei mi pianse sulla spalla. Non mi amava, e lo sapevamo entrambi. Non piangeva per me. Era semplicemente giunto il momento di versare qualche lacrima.”
Perché la consapevolezza dell’addio pretende le lacrime, all’addio nessuno può sfuggire, se per Marlowe significa tornare alla solitudine di una scrivania polverosa e per Linda l’abbandono a vizi e uomini che la priveranno dell’anima, il lettore rifletta sul significato del proprio.
“Dirsi addio è un po’ come morire”, dice Marlowe/Chandler, citando un proverbio francese.
Addio è una parola carica di significato, contiene il senso della vita, del divenire, dell’inevitabilità. Non è una parola da sprecare, e lo dimostra Marlowe con il redivivo Lennox, con la sua sprezzante amarezza.
“Arrivederci amigo. Non vi dico addio. Vi dissi addio quando significava qualcosa. Vi dissi addio in un momento di tristezza e di solitudine, quando sembrava definitivo.”
Il lungo addio
flavio carlini