Intervista a Matteo Strukul tra gli ospiti del Nebbiagialla dal 3 al 5 febbraio

thRiproproniamo l’intervista a Matteo Strukul che sarà tra gli ospiti del Nebbiagialla Noir Festival.
Matteo presenterà la sua trilogia venerdì 3 Febbraio alle 21.00

 

 


downloadE’ arrivato nelle librerie anche il terzo capitolo della saga medicea di Matteo Strukul, e a te e al tuo editore, la Newton Compton, dico bravi e oculati perché questa saga esce in un momento magico che coagula attorno a sé anche tutta la curiosità e l’interesse provocati dalla fiction televisiva. Una storia romanzata (molto alla Dumas) dove pur su solide basi storiche hai lasciato largo spazio alla fantasia.

Quanto tempo e fatica ti ha chiesto la scelta di scrivere sui Medici?
Allora anzitutto grazie Patrizia per le tue parole. E ora rispondo: nel complesso la trilogia sui Medici mi ha richiesto tre anni di lavoro. Due per la parte di ricerca storica, ai quali vanno ad aggiungersi circa sedici mesi per la stesura della trilogia. Si è trattato di una sfida pazzesca, almeno per me. Ho coltivato coraggio e incoscienza, l’unico modo per uscirne vivo. A volte quando scrivevo di Cosimo, Lorenzo, Leonardo e Brunelleschi mi domandavo se non fossi diventato completamente pazzo. Ho scelto la chiave della spensieratezza, del ritmo, del feuilleton che racconta l’intreccio con brio e avventura.

Chi tra i tanti esponenti della famiglia ti ha maggiormente coinvolto e perché?
Credo Lorenzo per via del suo essere diviso fra amore proibito e seduzione del potere. Da una parte Lucrezia Donati, la donna più bella di Firenze, la donna che ama disperatamente; dall’altra la moglie scelta per lui, Clarice Orsini, in omaggio alla ragion di Stato. Per questa ragione, Lorenzo vive un suo tormento interiore, è un fatto. E quel tormento si ripete nel dover accettare la guida di una città come Firenze. Non ha alcuna intenzione di farlo, perlomeno non a vent’anni, eppure è proprio questo che tutti si attendono da lui. Non ha possibilità di scelta: è così e basta. E allora questo conflitto interiore, questo peso lo portano ben presto a divenire un personaggio con luci e ombre, una figura che sfiora a tratti i colori della tragedia, del personaggio che affascina proprio perché posto sul confine labile e difficile del giusto e dell’ingiusto, e dunque del bene e del male. In un certo senso, direi che Lorenzo è un personaggio noir perché è costretto a seguire un destino ineluttabile, malgrado all’inizio egli faccia di tutto per opporsi. E in questa ribellione, e nelle contraddizioni dell’animo, scopriamo il suo fascino più profondo.

La politica, le alleanze e i giochi politici hanno sempre freddamente governato la storia tu invece nella narrazione hai dato anche molto importanza all’amore domestico familiare e passionale. Perché?
Perché la mia è una saga dedicata alla dinastia, alla famiglia, ai legami di sangue, alla fiducia, elementi fondamentali, irrinunciabili per i Medici e anche per i loro avversari. Il singolo è meno importante della casata. Le famiglie fiorentine sanno perfettamente che l’eliminazione di uno dei due fratelli – Cosimo e Lorenzo, prima, Lorenzo e Giuliano, poi, – non è sufficiente a fermare l’ascesa dei Medici. Devono essere eliminati entrambi altrimenti la famiglia potrebbe fare quadrato attorno al fratello sopravvissuto. La congiura dei Pazzi fallisce in primis perché Lorenzo sopravvive. L’errore madornale è stato uccidere solo Giuliano. Non a caso, i Pazzi, vengono poi sterminati dagli uomini di Lorenzo.
E poi l’affetto e l’amore passionale sono i temi centrali per avere figure femminili forti, affascinanti, magnifiche, in una realtà storica come quella rinascimentale. Non potevo rinunciare a personaggi straordinari come Piccarda Bueri, Laura Ricci, Contessina de’ Bardi, Lucrezia Donati, Clarice Orsini. Sarebbe stata pura follia, e infatti, sono alcuni dei personaggi che sono piaciuti di più.

Soprattutto il tuo Lorenzo (il Magnifico) fa scelte di testa che sembrano contrastare con quelle del cuore. Io invece non credo che sia stato così difficile per lui essere contemporaneamente un fine politico e un crudele governante, come si doveva essere allora se si voleva restare al potere! O sbaglio?
Da un lato sono d’accordo con te, penso ad esempio all’episodio della guerra di Volterra in cui Lorenzo liquida la strage e lo sterminio della popolazione della città con un’alzata di spalle; dall’altro però le poesie e l’amore per Lucrezia sono lì a dirci il contrario. Le insicurezze, legate al suo effettivo valore in torneo, oppure la sua volontà di non infierire sui Pazzi – anche se i suoi uomini lo faranno eccome – ci mostrano un personaggio molto meno monolitico di quello messo in luce in tante biografie e saggi. Confesso che è su questo sottile crinale che ho costruito la figura romanzata. Ma in un certo senso è la bellezza della letteratura: provare a fornire una chiave interpretativa diversa. E non è detto che sia quella sbagliata. La freddezza della Storia non sempre racconta i travagli dell’animo. Ma questo non significa che non vi potessero essere.

La fallita congiura de’ Pazzi cambia la storia fiorentina e la vendetta dei signori e del popolo sarà atrocemente feroce. Per ricostruirla e coordinarla coralmente ti servi dell’io narrante visto sotto le diverse angolature. Quanto è stato difficile?
Il notevole numero di personaggi in scena e la velocità delle azioni compiute mi hanno obbligato a preparare con infinita cura la lunga sequenza della congiura dei Pazzi. Ci sono stati almeno tre tentativi falliti, con conseguente “rimontaggio” della terza parte della storia fino a ottenere una progressione narrativa, oltre che drammaturgica, che fosse la più chiara e fruibile possibile per i lettori.
Per me è stata la più lunga e difficile sequenza d’azione mai realizzata. Più difficile perfino della storica battaglia d’Anghiari. Il risultato però mi è piaciuto molto perché in questo modo l’ultimo terzo del libro ha un gran ritmo e finisce al culmine della tensione per poi lasciare a un paio di capitoli conclusivi una piccola oasi di quiete e commozione.

Quanto Lorenzo ha dovuto alla sua personale cultura o alla necessaria volontà di raffinata competizione con gli altri grandi signori dell’epoca, la sua scelta di favorire Leonardo e tanti altri massimi artisti del suo tempo per fissare nella storia la sua immagine e quella della famiglia?
Credo che la cultura e la raffinata competizione siano forti incentivi ma non dobbiamo fare l’errore di credere che solo i Medici abbiano favorito gli artisti. Anche gli Strozzi e i Pitti e le altre famiglie fiorentine hanno fatto altrettanto. Palla Strozzi era un grande estimatore di Lorenzo Ghiberti, giusto per dirne uno. Direi piuttosto che la mentalità è quella di avere il bello, legato a arte e cultura, come elemento fondante del tessuto sociale. E questo vale per i Medici, gli Strozzi, i Pazzi, i Bardi, fra gli altri. In misura diversa naturalmente. L’amore per l’arte e la cultura è per questi signori la vita stessa. Ma lo è anche per il popolo e la plebe. Credo sia questa la dimensione che abbiamo completamente smarrito in Italia. E che ci sta condannando in questo momento a Paese marginale della scena mondiale. Non puntiamo sulla più grande risorsa economica che abbiamo a livello internazionale: la cultura e il patrimonio artistico. Sarebbe come dire agli Emirati Arabi di non vendere il petrolio. Sono basito.

Tutte le donne Medici sono raffigurate come madri, mogli, impeccabili consigliere, amanti ma in un certo senso relegate in un ruolo minore, di serie B. Detto questo, perché hai affidato a una donna il ruolo del diavolo, dell’acerrima nemica, quasi una strega che trama contro la famiglia?
Be’ non direi che Piccarda o Contessina abbiano un ruolo minore. Hanno però il ruolo che viene loro consegnato dal Rinascimento e dalla Storia. Ho tentato di mantenermi fedele alle cronache che dedicano loro davvero poche pagine. E ho cercato di realizzare ritratti di donne decise, coraggiose, di grande volontà e forza interiore. A tratti inventando anche un po’ o provando a immaginarle. Anche Lucrezia Donati è una donna di grande fascino, coraggio, e non esita a mettere a repentaglio quanto ha di più caro – il proprio nome e il proprio amore – per salvare una persona condannata ingiustamente. Quanto a Laura Ricci volevo un personaggio alla Milady de Winter perché questa trilogia rappresenta – per certi aspetti – il mio personale omaggio ad Alexandre Dumas. E poi non considererei Laura il diavolo, piuttosto una donna di grande carattere che odia profondamente coloro che le hanno strappato per sempre il più grande amore della sua vita.

Solo Clarice Orsini, moglie di Lorenzo e madre dei suoi dieci figli, nel tuo romanzo azzarda piccole ripicche e ribellioni. Perché? Cosa la differenzia dalle altre?
Be’ anche Laura Ricci si ribella e brama vendetta. Clarice Orsini è un’estranea alla “corte” dei Medici. Soffre di una solitudine e un’indifferenza crudele e deve trovare un modo per sopravvivere. Tutti i componenti della famiglia Medici sono molto duri con lei e Clarice, in cuor suo, li disprezza perché non appartengono nemmeno a una schiatta di sangue nobile come lei. Per certi aspetti, Caterina de’ Medici rappresenterà un ideale contrappasso in questo senso. Lei, borghese, alla corte di Francia e per giunta italiana.

Ora aspetto al varco Caterina, con Elisabetta d’Inghilterra una delle poche grandi interpreti femminili del rinascimento. La tua Caterina, sarà più moglie, tradita, madre o regina?
Sarà tutto questo insieme perché non è stato possibile scindere queste sue tre componenti. Non avrebbe nemmeno avuto senso, credo.

Cosa hanno avuto I Medici, dinastia di imprenditori, banchieri e governanti italiani in più rispetto ad altre dinastie della penisola?
Sono stati capaci di sedurre la loro amata città: non l’hanno solo dominata, l’hanno corteggiata a lungo con committenze e opere magnifiche, radunando attorno a sé una straordinaria scena d’artisti e lasciando a tutti noi un’incredibile eredità d’arte, bellezza e cultura. Basta fare i nomi di Filippo Brunelleschi, Lorenzo Ghiberti, Donatello, Raffaello Sanzio, Paolo Uccello, Leonardo da Vinci, Michelangelo Buonarroti, Sandro Botticelli, Ghirlandaio, giusto per citarne alcuni. Nomi che hanno fatto la storia dell’arte. Senza contare Pico della Mirandola, Marsilio Ficino, l’accademia neoplatonica, Nicolò Macchiavelli. Nessuno aveva e ha più fatto qualcosa del genere per Firenze e per l’Italia. Solo Venezia s’avvicina a tanto splendore con il suo periodo barocco e nomi come quelli di Tiziano, Giorgione, il Veronese, il Tintoretto, Tiepolo, Canaletto, Canova, e poi Vivaldi nella musica e Goldoni nel teatro… ma questa è un’ altra storia.

In Italia si parla di arte e di cultura, ma di solito altri interessi e risse di quartierino governano stato e politici. Credi mai auspicabile che un’operazione letteraria possa essere in grado di aprire una riflessione sull’immensa eredità storica e culturale di questo paese?
Mi sto battendo per questo. La mia idea è riportare al centro la cultura come tema di riflessione e possibile base per un moderno modello di sviluppo economico. L’Italia ha il culto dell’oblio, non della propria Storia. Lo trovo demenziale. I romanzieri possono fare molto perché fino ad ora non hanno fatto abbastanza. Umberto Eco, Sebastiano Vassalli e più recentemente Valerio Massimo Manfredi hanno valorizzato con alcuni straordinari romanzi il nostro passato. Ma non è sufficiente. Ci sono periodi straordinari da raccontare e affrontare. L’Impero romano è certamente uno di questi. Ma il Rinascimento e tanti altri periodi meritano molta più attenzione. In questo anche gli editori hanno la loro parte di responsabilità. La scelta di Newton Compton non è casuale: una casa editrice da sempre attenta alle nostre radici culturali che propone ottimi romanzi e saggi a prezzi giusti. La cultura è per tutti, non è un’arma di divisione di classe. Non può essere appannaggio solo di un pubblico capace di spendere venti euro a libro. Ci sono fantastiche autrici italiane come Patrizia Debicke van der Noot, Daniela Piazza, Carla Maria Russo, Valeria Montaldi che hanno scritto splendidi romanzi sul Rinascimento fiorentino e milanese. E autori come Marcello Simoni e Simone Sarasso.
Leggete i loro libri, imparerete qualcosa di più sulla nostra storia. Sto seriamente considerando di preparare una grande tavola rotonda su questo tema e redigere un documento. Chi è con me?

La recensione di Milanonera
http://www.milanonera.com/medici-dinastia-al-potere/

 

Patrizia Debicke

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