Gli autori del cosiddetto “thriller nordico” hanno una marcia in più. Complice in inverno un paesaggio ostico, un clima avverso e ore di buio che superano di gran lunga quelle di luce, essi riescono a creare una sorta di “microcosmo” che diventa protagonista alla stessa stregua dei personaggi. Un ambiente poco favorevole, solitamente fomentato da tempeste improvvise o bufere di neve, che imprigiona i soggetti in un luogo ameno, facendoli prigionieri quasi non dovessero andarsene mai più. Questo per dire che la svedese Camilla Sten, classe 1992 e figlia della più nota Viveca Sten – autrice de I misteri di Sandham –, riesce molto bene a isolare i suoi personaggi in un clima di pericolo, al limite del claustrofobico.
Dopo Il villaggio perduto dello scorso anno, è la volta del secondo romanzo dal titolo L’erede, pubblicato sempre da Fazi Editore, nel febbraio 2025.
L’idea di base si rivela forte, in quanto la protagonista Eleanor convive con la prosopagnosia, ovvero l’incapacità di riconoscere i volti delle persone. Una patologia di cui si è parlato ultimamente, in quanto sembra che ne soffra anche Brad Pitt. Non c’è una cura, se non mettere in atto alcuni espedienti. Memorizzare un timbro di voce, una pettinatura particolare, una cicatrice, che permettano di abbinare certe facce a delle identità. Le persone che ne sono affette cadono vittime della frustrazione e devono essere aiutate. Gli amici di Eleanor, ad esempio, a suo dire nel romanzo, le comunicano sempre quando si tagliano i capelli, in modo da non metterla in difficoltà.
Insomma, mai dare nulla per scontato! Che è un po’ anche il fil rouge di questa storia.
È domenica sera ed Eleanor si reca a casa della nonna materna, per la solita cena settimanale. Ad accoglierla sull’uscio, però, c’è una figura che fugge. E che, ovviamente, lei non riesce a mettere a fuoco. Vivianne, la nonna che l’ha cresciuta e la chiamava Victoria, si trova agonizzante sul tappeto. Ferita a morte da un paio di forbici che le giacciono accanto, ricoperte di sangue.
Poiché Eleanor ha avuto uno scontro diretto con l’assassino, piomberà in uno stato d’angoscia, dilaniata dal senso di colpa per non aver saputo identificare l’omicida e la paura che questa persona, chiunque sia, possa tornare.
Il disagio vero e proprio, però, ha inizio quando Eleanor viene chiamata da un avvocato: sua nonna le ha lasciato in eredità una tenuta di famiglia, tra i boschi svedesi, di cui non le aveva mai parlato prima. La stessa casa in cui suo nonno è morto all’improvviso, un maniero che custodisce inconfessabili segreti da oltre cinquant’anni.
Lo stato di salute mentale di Eleanor è già precario, ma come in ogni buon thriller che si rispetti, la protagonista ignora il buon senso e si reca là dove era ovvio ci fosse più pericolo. Per cui, la donna parte alla volta della tenuta isolata tra i boschi, insieme al fidanzato Sebastian, trovando già sul posto il suddetto avvocato e la zia Veronika, sorella della sua defunta madre. È chiaro da subito che Vivianne si sia portata più di qualche segreto nella tomba. Chi era davvero? Eleanor procede alla scoperta della verità tramite un vecchio diario, anche se una tormenta di neve imprigionerà i quattro personaggi in una sorta di convivenza forzata. Ma sono davvero da soli laggiù, oppure attorno a loro si muove qualcuno che fa accadere strane cose? Questo qualcuno, è per caso l’assassino?
Dovessimo trovare un punto debole, si può parlare dei soggetti che ruotano attorno alla protagonista. Il fidanzato Sebastian, ad esempio, non ha un carattere ben definito. Sono tutti e tre dei personaggi minori, che se ne stanno sullo sfondo a subire. Potrebbero esserci, così come no.
Tutto ruota attorno a Eleanor e Vivianne. Con un colpo di scena finale.
“I segreti non muoiono, mi sussurra Vivianne nella mia testa. Nulla veramente muore, Victoria. Io sono ancora qui. O no?”
Claustrofobico al punto giusto, un romanzo consigliato agli amanti del genere.