Il sindacone di Vitali e la Bellano del dopoguerra
Spesso si rimprovera agli scrittori di non cambiare, di scrivere sempre allo stesso modo. Però gli scrittori dovrebbero sempre scrivere allo stesso modo, perché ciò che i lettori amano dei loro autori preferiti, è anche la possibilità di ritrovarsi in loro ad ogni nuovo libro. La lettura, così come la scrittura, è una questione di fedeltà: succede per il grande Camilleri con il più seriale dei commissari, Montalbano; capita ad Andrea Manzini e al suo Rocco Schiavone, a Gianrico Carofiglio con l’avvocato Guerrieri e giù giù fino al padre di tutti gli investigatori, Duca Lamberti di Giorgio Scerbanenco. Tutto ciò succede da anni ad Andrea Vitali, non tanto per avere creato un personaggio seriale, quanto piuttosto per avere fatto della piccola Bellano, località minuscola in quel ramo del lago di Como – dove Vitali vive – la location di tutti i suoi libri.
Infatti con “Gli ultimi passi del Sindacone”, Vitali ritrova la Bellano del dopoguerra, popolata di personaggi usciti da una provincia remota negli anni Quaranta e il sindacone Attilio Fumagalli ne è l’esempio. E’ un uomo che soffre di obesità androide, nel senso che tutta la sua pinguetudine si manifesta attorno all’addome. E’ sposato con Ubalda Lamberti che da quando ha perso l’udito a causa di un incidente, ha raggiunto la pace dei sensi. Fumagalli che è un ragioniere di paese, se ne fa una ragione, si butta in politica e grazie al giro di conoscenze e di clientele riesce a farsi eleggere sindaco di Bellano nella Democrazia Cristiana.
Il Sindacone è però alto un metro e sessanta e deve farsi fare le scarpe su misura (al piede destro porta il 36 e al sinistro il 37), cammina strano, ha la smania dei Consigli comunali e ne convoca uno addirittura la sera della vigilia di Natale. Peccato però che tutto non fili come dovrebbe e tra colpi di scena tinti di giallo-rosa, tra signorine che esercitano il mestiere più antico del mondo e un vicesindaco che conosce troppe cose, la narrazione ci regala protagonisti e vicende decisamente esilaranti. Con “Gli ultimi passi del sindacone” Vitali non però raggiunge i livelli di “Una finestra vista lago” o di “Olive comprese” ma per un autore che scrive due libri all’anno mentre prepara il terzo, il prodotto è molto buono; tengono lo stile e la storia: la voglia di riscatto dopo la guerra, un antifascismo un po’ becero tipico di quel periodo e gli appetiti della carne (metafora della voglia di vita che sta rianimando l’intero Paese).
Ci sono infine i piccoli segreti che rendono più gustose le giornate di una Bellano che rappresenta un luogo dell’anima per lo scrittore e lo specchio di un’Italia che vuole tornare a vivere. Ottima compagnia quella di Vitali, sia per i lettori più affezionati (e sono tanti) sia per coloro che si apprestano a leggerlo per la prima volta. Nella sua Bellano questo autore di razza riesce sempre a trovare la quadratura del cerchio.
Gli ultimi passi del sindacone
Mauro Molinaroli