Gli insegnanti di Italiano dovrebbero leggere Davide Longo ai loro studenti per almeno due motivi: perché scrive in maniera pressoché perfetta e perché i suoi romanzi, come quelli di Fenoglio e di pochi altri, raccontano la nostra Storia senza se e senza ma. Senza la paura di schierarsi dalla parte dei più deboli. Partiamo col dire che “Una rabbia semplice” (Einaudi, 320 pagine) ha un bellissimo titolo -bello nella sua semplicità diretta- e una copertina azzeccata. Sono protagonisti per la terza volta, dal 2014 a oggi, il commissario Arcadipane e Bramard. Quest’ultimo è il suo ex capo ora in pensione. Il suo unico amico che vive isolato in campagna, malato di cancro e ostinato a non curarsi. Nelle primissime pagine un giovane viene arrestato con l’accusa di aver picchiato una donna. Il fatto avviene nei pressi della stazione di Torino. Un giallo dall’impianto classico alla Simenon, dove l’indagine di polizia è pretesto per scandagliare l’animo umano. Il romanzo è terribilmente vivo: se potesse materializzarsi davanti ai nostri occhi, diverrebbe carne grondante di sangue. Le pagine in cui Arcadipane incontra la sua ex moglie Mariangela sono amarissime, i dialoghi col vice Pedrelli o coi due figli (la ragazza lo chiama “papo” e lo considera un babbeo) sono dannatamente reali. Provate a immaginare Arcadipane, sono certo che lo vorreste come amico: 55 anni, post separazione dorme col suo cane Trepet, che ha solo tre zampe, nella stanza che ha preso in affitto nell’abitazione di un’anziana donna, ingoia sucai a ripetizione (scoprite da soli cosa sono) e va in analisi da una sedicente psicologa che lo riceve nella sua mansarda costringendolo a prostituirsi in rete. E poi fa grande uso di ironia e di cinismo, per stigmatizzare quel senso di sconfitta che gli appartiene. Chiunque come me abbia la barba bianca non può non riconoscersi almeno in parte e riflettere sulla condizione umana. I libri di Longo sono veri e propri manuali di sopravvivenza. L’autore è insegnante e fa sentire il peso delle parole. In altri Paesi sarebbe un’icona, qui da noi è uno dei tanti. Per il mercato, intendo. Sulla Rai, per dire, ci va Piero Pelù a reclamizzare il suo “libro”, mica un Longo qualsiasi. Prima o poi noi lettori ci ribelleremo, e quel giorno sancirà la fine dell’editoria intesa in senso classico. Un romanzo molto bello, dunque, questo che recensisco, forse il migliore di Longo, se non fosse che io resto irrimediabilmente legato a “Un uomo verticale” (Fandango, 2010). Se arrivassero i marziani e bussassero alla mia porta per chiedermi un libro per capire chi siamo noi umani e come abbiamo disfatto il pianeta terra, io consegnerei nelle loro mani la mia copia sgualcita (l’avrò prestata a cento persone) proprio dell’UV. Un capolavoro assoluto. E infatti, al netto di questa svolta giallo-noir più recente che ritengo comunque esaltante, a me manca quel Longo lì, visionario. A pagina 25 di “Una rabbia semplice” segnalo un errore (ma è tale?) che forse solo noi di questa zona coglieremo: Longo cita infatti “il grande puzzle da 10 mila pezzi dell’isola di Stresa”, ma essendo Stresa terraferma, l’atollo in questione potrebbe al massimo essere quello che sta dinnanzi alla cittadina del lago Maggiore, ovvero l’isola denominata “Bella”. Se fosse una canzone “Una rabbia semplice” suonerebbe come “E invece sì” di Bugo. Voto: 9.
Una rabbia semplice – Davide Longo
Alessandro Garavaldi