Con Gunnar Staalesen, l’Iperborea ha inaugurato la collana Ombre: gialli raffinati, dallo stile inconfondibile e una sottile, pungente, ironia. MilanoNera intervista l’autore norvegese di Satelliti della morte, il primo romanzo tradotto in Italia, ma in realtà il penultimo di una serie composta di quindici titoli. Dai suoi libri sono stati tratti due film e una serie televisiva di gran successo.
La fama del nord come terra di grandi noiristi e giallisti in generale é molto aumentata negli ultimi tempi, come vivi tu che in realtà sei a tutti gli effetti uno dei più importanti scrittori di noir scandinavi ed europei questa improvvisa esplosione mediatica e come la motivi e quali sono i tuoi punti di riferimento?
Debbo essere onesto e dire che sono abbastanza importante in Norvegia e in alcuni paesi europei tipo Danimarca, Francia, Grecia e da adesso speriamo in Italia. Quattro dei miei romanzi su Varg Veum sono stati tradotti in Inglese, ma sono stati pubblicati nella sola Gran Bretagna. Comunque, la storia del noir e delle crime novels in generale è assai lunga in Scandinavia e parte dalla metà del diciannovesimo secolo. Io penso che noi scrittori di noir Scandinavi sia che proveniamo dalla Norvegia sia dalla Danimarca sia dalla Svezia – e dobbiamo includere anche l’Islanda – scriviamo per così dire nel solco di una grande tradizione. A partire da Sjöwall & Wahlöö con i loro dieci romanzi su Martin Beck e la polizia criminale di Stoccolma nel periodo che va dal 1965 al 1975 c’è sempre stata negli anni a seguire una buona attenzione internazionale per gli autori del grande nord. Per la generazione di scrittori di cui io faccio parte, quelli che hanno iniziato negli anni settanta, Sjöwall & Wahlöö hanno rappresentato una sicura fonte d’ispirazione. Personalmente sono stato certamente influenzato da Raymond Chandler, quello che molti autori considerano lo Shakespeare del noir e della crime novel in generale, ma un’altra voce che mi ha interessato molto è quella di Ross Macdonald, uno dei primi seguaci di Chandler con le sue storie di Lew Archer.
La Norvegia e la Scandinavia nell’immaginario italiano sono tutt’ora viste come una grande regione in cui tutto è sotto controllo e dove il male non è tendenzialmente di casa. Nei tuoi
romanzi invece il male (anche solo quello di vivere) è uno dei protagonisti. Come dovrebbero accogliere la società che tu racconti i lettori italiani?
Innanzitutto credo che non si dovrebbe mai prestare fede al cento per cento a quanto viene scritto in un noir. Nei miei romanzi con Varg Veum come protagonista ci sono sicuramente aspetti della Norvegia molto crudi che un qualunque visitatore o turista non incontrerà mai durante un soggiorno. Certamente anche noi abbiamo tossicodipendenti, una certa criminalità organizzata, corruzione e così via, ma è altrettanto certo che vista nella sua complessità la Norvegia è da considerarsi un paese sicuro e accogliente (molto di più della Svezia, che una nazione più grande e con una criminalità organizzata molto più strutturata). Io non credo nel male in senso stretto; ciò di cui Varg Veum si occupa, molto spesso lascia trasparire che anche i colpevoli sono vittime di traumi subiti nell’infanzia, delle loro condizioni di vita e delle persone con cui sono cresciute. Varg Veum è stato, ma è tuttora, un assistente sociale e si pone sempre dalla parte del più debole come in “Satelliti della morte” in cui si schiera al fianco di “Janegutt” (il ragazzo attorno al quale si sviluppa l’intera vicenda. ndr).
Potresti raccontarci qualche cosa sulla prossima avventura di Varg Veum?
Ho appena terminato il primo capitolo del quindicesimo episodio della saga di Varg Veum. E’ davvero troppo presto per raccontare qualcosa di preciso in merito, ma credo che si occuperà di energia eolica e dei problemi dell’ecologia. La sua compagna Karin Bjørge (che in Italia non è ancora apparsa ndr) correrà molti pericoli durante lo svilupparsi della vicenda. Per ora non posso dire di più, dato che anche io non ho ancora tutto chiaro.
Grazie mille e alla prossima pubblicazione.
Grazie a voi, a presto.