Mentre l’afa estiva non dà tregua a Firenze e ai suoi cittadini, continua l’ondata di morti per overdose che prosegue ormai da mesi. Carlo Alberto Marchi, cronista del Nuovo Giornale, si reca come ogni giorno al nuovo Palazzo di Giustizia, da lui definito “Gotham City”, a caccia di notizie. Apprende così che un ciclista è stato investito e ucciso da un’auto poi dileguatasi nel nulla. Un caso come tanti, se non fosse che la vittima era un dirigente di una nota azienda farmaceutica americana con sede distaccata nel capoluogo toscano. A ciò si aggiunge che il direttore dell’azienda è stato da poco nominato console degli Stati Uniti. La faccenda si complica e nuovi personaggi compaiono sulla scena: un senzatetto reticente, un pericoloso boss della mala e una ragazza ucraina suonatrice d’arpa.
Ne “ Il respiro delle anime”, come anche nel precedente romanzo dell’autore, si svolgono due indagini parallele: una non ufficiale condotta da Marchi, l’altra dal sovrintendente capo della polizia stradale di Firenze, Lorenzo Rindi. Il cronista si divide fra la redazione, ormai sempre più scarna, del giornale e il Palazzo di Giustizia, dove cerca di strappare qualche novità a magistrati e avvocati. Nel contempo assiste “impotente” alla crescita della figlia Donata, un peperino cui Marchi dedica tutto il poco tempo libero a disposizione. La vita da cronista è pane per i denti dell’autore, che per quindici anni è stato responsabile della cronaca giudiziaria a Firenze per conto de La Nazione. Grazie a ciò conosce alla perfezione i meccanismi che governano una redazione e i rapporti che si stabiliscono al suo interno, comprese le riduzioni di personale dovute all’avvento d’internet e dell’informazione on line. Il respiro delle anime alterna il racconto dei fatti in prima persona (dal punto di vista di Marchi) a quella in terza e si conclude con un colpo di scena degno del genere narrativo che rappresenta.
Il respiro delle anime
Massimo Ricciuti