Polvere di diamante



Ahmed Mourad
Polvere di diamante
Marsilio
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Il Cairo. Fine 2008 e 2009. Il 30enne dai capelli neri Taha Hussein al-Zahhàr vive a Doqqi col padre paralitico, ama fumetti e batteria, è informatore sanitario e medico in farmacia. La madre se n’era andata senza spiegare perché; il padre guarda sempre col binocolo dalla finestra, finché un giorno di novembre viene ucciso in casa per aver visto troppo. Il figlio scopre che compilava taccuini e assassinava malvagi facendo loro ingerire una polverina insapore che devasta gli organi interni lentamente per mesi. La trova e viene coinvolto in una mortifera storia di traffici e ricatti, prostituzione e corruzione, parzialmente aiutato dall’amico avvocato fedifrago Yasser e dalla bella coetanea giornalista Sara, di cui è invaghito. Usa le stesse armi. Come al solito un atipico hard-boiled può raccontarci bene storia e cultura, Fratelli musulmani e generali egiziani, le immediate premesse di Piazza Tahrìr e dei golpe. Un poco più noiosa ma sempre interessante la nuova prova del 35enne regista cairota Ahmed Mourad (“Polvere di diamante”, Marsilio 2013, pag. 380 euro 18,50; orig. 2009, trad. Barbara Teresi) in terza prevalente. Santana e kebab.

valerio calzolaio

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