Peppino Impastato. Un giullare contro la mafia



marco rizzo bonaccorso lelio
Peppino Impastato. Un giullare contro la mafia
becco giallo
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È la notte del 9 maggio 1978 quando un’esplosione rompe il silenzio di Cinisi, in provincia di Palermo: Peppino Impastato muore, il corpo straziato da una carica di tritolo.

La mattina dell’indomani tutti i giornali annunciano il ritrovamento del corpo di Aldo Moro, ucciso delle Brigate Rosse.
Non c’è spazio per la morte di un giovane comunista siciliano. Anzi, probabilmente era un terrorista, stava preparando un attentato che è finito male. Questo dice la polizia. Ma la verità è un’altra: si tratta di un delitto di mafia. Così ce la riconsegna la storia 30 anni dopo e così ce la riportano i familiari e gli amici di Peppino.

Attraverso i loro ricordi lo sceneggiatore Marco Rizzo e il disegnatore Lelio Bonaccorso ci raccontano questa verità nella cronaca a fumetti edita da BeccoGiallo, Peppino Impastato, un giullare contro la mafia. Ci raccontano di Peppino, che lotta contro il potere mafioso e i politici locali collusi, che combatte a fianco dei contadini, che si ribella. La sua famiglia è legata alla mafia, ma questo non lo ferma, fino alla morte.

La narrazione non segue un ordine cronologico, ma fa rivivere la storia, con un abile gioco di flashback e rimandi, innanzitutto attraverso le parole di Peppino ai microfoni di Radio Aut nel programma Onda Pazza. Con l’arma dell’ironia e dello sberleffo denuncia gli abusi e il malgoverno di una Cinisi che è Mafiopoli, un Maficipio nelle mani del grande capo Tano “Seduto” Badalamenti. Le reazioni a queste parole, irriverenti quanto coraggiose, sono diverse e noi riusciamo a vederle tutte: le risate degli amici, la preoccupazione della madre, la rabbia di don Tano.

La novità dell’espediente narrativo regala un punto di vista diverso a questa storia che riesce così a staccarsi dal noto modello del film di Marco Tullio Giordana I Cento Passi.
Come racconta lo stesso Rizzo in appendice al libro “la presenza di un prodotto così ben riuscito e conosciuto è stata sicuramente ingombrante”.
Questo racconto, però, riesce a essere diverso. Innanzitutto nel suo epilogo. Perché nel 2002 Tano Badalamenti viene riconosciuto come mandante dell’omicidio e viene condannato all’ergastolo.
Attraverso gli occhi di mamma Felicia Bartolotta Impastato viviamo questo momento come la dovuta conclusione: finalmente è stata fatta giustizia.

Il libro è arricchito da un’ampia documentazione, tra cui una bella intervista a Giovanni Impastato, fratello di Peppino, che ha raccolto la sua eredità per trasmetterla alle nuove generazioni. Perché la mafia c’è ancora. Come ci ricorda con le sue parole, è proprio vero che dopo 30 anni il pensiero e la lotta di Peppino sono di un’impressionante attualità.

marilia scavone

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