La placida quiete del lago di Como viene sconvolta da un duplice omicidio in ambito familiare: l’anziano notaio De Marchi e la moglie sono assassinati nella loro casa e all’apparenza solo due possono essere i colpevoli: la querula domestica Maria Zanetti, che viveva con loro da tempo immemorabile, oppure il figlio Alessandro, affetto da una grave depressione e da altri disturbi psichiatrici, che non gli impediscono di dipingere quadri suggestivi e inquietanti.
Il commissario Stefania Valenti si trova a indagare in un contesto proteiforme, in cui ogni verità si dimostra labile ed evanescente e le apparenze sono mutevoli e ingannatrici. Come se non bastasse, la sua squadra dovrà indagare anche sull’inspiegabile scomparsa della giovane Margherita, che si è imbarcata sul traghetto a Menaggio senza mai giungere a destinazione.
La tenace Stefania, pur con qualche preoccupazione personale per il suo complicato rapporto di coppia, si dedica anima e corpo a questi due casi, senza lasciarsi invischiare in una ragnatela di allusioni, omissioni e finzioni, che vorrebbero condurla lontana dalla loro soluzione.
La villa del duplice omicidio, teatro del tragico fatto di sangue, si trova a Brunate, poco distante dal Faro Voltiano: con notevole abilità, i due autori intersecano l’immagine luminosa del Faro che illumina le tenebre lacustri con le tenebre nell’anima di diversi protagonisti della vicenda.
Nella storia, il gioco di luci e ombre, di verità e finzione, accompagna il lettore sino alle pagine finali, e non cessa neppure all’ultima riga del romanzo. Il personaggio del commissario Valenti rappresenta la pacatezza della ragione, l’equilibrio della legge: ascolta, evita il giudizio, prova sentimenti ed emozioni eppure riesce a gestirli, procedendo lungo una strada in cui è difficile distinguere tra ostacoli reali e fantasmi generati dall’immaginazione.
Omicidio al faro ci conduce in un enigmatico e duplice viaggio: all’interno delle umane passioni e nei suggestivi e fascinosi paesaggi lacustri.
