Firenze, 1486. Alessandro Durante, sul suo letto di morte, comunica ai due figli le sue ultime volontà: Niccolò il maggiore di quindici anni dovrà partire per Milano per arruolarsi nelle fila del duca Gian Galeazzo Maria Sforza, diventare un combattente come era suo nonno, mentre Martino, il secondogenito decenne, dovrà proseguire gli studi guidato da un tutore di origini greche e poi gestire l’eredità occupandosi dei beni familiari e tenendo a disposizione del fratello parte delle rendite.
E, a suggello delle sue parole, consegna una preziosa spada forgiata in acciaio a Niccolò e a Martino un cofanetto di legno con una placca d’ottone inchiodata sul lato superiore e incisa sopra in latino la frase di Catone: Non devi mai avere paura di imparare. L’ignoranza è un nemico da sconfiggere e l’ordine di aprirla: «Non ora. Soltanto nel momento in cui capirai che è giusto farlo».
Nel 1501, sono passati quindici anni, Martino, ormai uomo fatto, sposato e con un figlio di due anni, ha fatto fiorire le tenute paterne, è entrato a far parete della cerchia del potente banchiere Dante Strozzi ma da diversi mesi non riceve più notizie dal fratello maggiore. L’ultimo suo messaggio diceva che Niccolò combatteva a nord, era al servizio di Wolter von Plattenberg, un nobile germanico.
E quando l’amico e protettore banchiere Strozzi gli fa la interessante proposta, con ottime prospettive economiche, di mettersi in società con lui per creare un servizio postale, accetta e parte per il primo viaggio con carro pieno di posta e un carico pregiato, ben protetto da una scorta armata. Ma i viaggiatori, vittime dei disastri provocati dal mal tempo, sono costretti a riprendere il cammino per Firenze e, durante un bivacco notturno, vengono attaccati di sorpresa ed eliminati quasi tutti. Poi, come se non bastasse, all’arrivo un’amara sorpresa attende Martino: sua moglie Aurora e Zaccaria, il figlioletto di due anni, sono stati rapiti da una banda sanguinaria che ha anche incendiato e distrutto gli edifici della tenuta come dichiarano i pochi servitori, sopravvissuti all’assalto. La corsa a Palazzo Strozzi, che trova deserto, rende testimone Martino dell’improvvisa partenza, o forse meglio della fuga dell’amico banchiere. Dove è mai andato e perché? Che sia stato lui a tradirlo? E la successiva minacciosa richiesta di riscatto per rendergli moglie e figlio, costringe Martino a mettersi in marcia verso Piacenza per presentarsi all’appuntamento con i rapitori. Ma l’appuntamento si rivela una trappola che lo farà cadere in un feroce agguato. E qualcosa indica che i suoi nemici sono legati a Milano. Martino, pur ferito gravemente, riuscirà a fuggire e verrà accolto nell’abbazia di Viboldone da padre Ludovico, vicario della confraternita degli Umiliati, che lo fa curare. Non solo, quando è in grado di ripartire, gli consegna un voluminoso manoscritto antico che dovrà recapitare a un frate a Milano. Da quel momento, la sua vita diventa caotica. Con l’unico punto positivo di ritrovare per caso suo fratello che, gravemente ferito in battaglia, ha subito tali lesioni alla testa da perdere parte delle sue capacità intellettive ed è stato arruolato come guardia privata da un potente milanese Umberto Cardastoppi, duca di Vidigulfo. Martino vorrebbe solo riuscire a salvare i suoi cari, e invece deve affrontare un potente nemico – forse a capo di una setta? – che cela un piano oscuro e si annida tra i palazzi di ricchi signori, all’interno della Chiesa e nelle stanze del potere. Ma perché Martino Durante è il loro obiettivo? E cosa c’entra Durante con le pergamene del grosso manoscritto, piene di scritte e simboli indecifrabili?
La congiura delle tre pergamene è il secondo giallo storico di Matteo di Giulio che, dopo essersi servito nel precedente, di una ambientazione più fiorentina, sposta stavolta il fulcro della sua avventura nella Milano postsforzesca, caduta in mano dei francesi e governata per loro da Gian Giacomo Trivulzio. Buona la ricostruzione storica, con forse qualche piccola ingenuità. Belle le descrizioni, destinate alla abbazie milanesi, in particolare a quella degli Umiliati a Viboldone con la loro esemplare scelta di vita e la loro lucida politica agraria che ha bonificato la piana sotto Milano, trasformandola in un felice esempio di agricoltura. Martino Durante, protagonista della storia, è una specie di quasi imbattibile supereroe che va a cacciarsi sempre in situazioni ai limiti delle sue possibilità. E ne viene fuori per il rotto della cuffia.
Duelli, inseguimenti, cambio di carte in tavola, ribaltamenti di situazione e continui perfidi tradimenti, movimentano questa veloce fiction destinata a essere il primo capitolo di una serie.