Indagine apparente – Luca Poldelmengo



Luca Poldelmengo
Indagine apparente
Gallucci
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L’indagine è davvero apparente: lo è quella del pubblico ministero protagonista, così come la mia perché lascio subito da parte ogni velleità investigativa per immergermi totalmente nella vita di Letizia.

L’indagine diventa così il pretesto per un viaggio nella vita di una donna che vive il lavoro con passione, con preoccupazioni, alti e bassi famigliari, piccole ossessioni come quelle per le fughe nel pavimento mattonato.

Questo rifugio, che si scoprirà per molti versi imperfetto, è messo maggiormente alla prova quando il marito, Aldo, veterinario, non rientra dal lavoro. È qui che Letizia intraprende un’indagine informale – non potrebbe farsela assegnare dalla Procura – a partire dal bar frequentato dal marito e arrivando a ottenere informazioni che le permettono, pur da un altro fronte, di indagare sulla sua sparizione.

Non potrà farlo come se fosse titolare dell’inchiesta, naturalmente, e la mancanza del senso di controllo che l’ha accompagnata nella conduzione delle ricerche, così come in famiglia, diviene ben presto motivo di profonda introspezione riguardo al rapporto col marito, coi figli.

È così che l’indagine diventa un passaggio in un corridoio stretto, pericoloso, privo del sollievo che l’ordine, o l’idea di averlo mantenuto, le hanno sempre donato.

Le indagini sulla scomparsa di Aldo approdano al mondo dello spaccio di droga, ma la vita di Letizia scende in profondità, in abissi che non pensava di esplorare.

Poldermengo ci offre, con Indagine apparente, un ritratto psicologico che spazia dall’analisi di sé a quella della costellazione familiare con un finale che non consola affatto, ma da cui necessariamente occorre ripartire.

Marinella Giuni

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