“Qualcosa si era impossessato di noi e ha preso il controllo. Qualcosa di primitivo […]. È per questo che non riesco a perdonare me stesso, o gli altri, per quello che abbiamo fatto […]. Ce l’avevamo dentro”.
Fin dove ci si può spingere per raggiungere la perfezione nella scrittura? Questa è la domanda di fondo che guida il thriller danese firmato da Mikkel Birkegaard. Scrittura, paura, morte e ossessione. Tante parole chiave per una trama che tiene incollato il lettore su un doppio binario temporale.
Laust Troelsen è un professore di Letteratura danese, che sognava di diventare uno scrittore, ma non ha mai avuto la costanza e la decisione per farlo. Di ritorno a casa dopo l’ennesima giornata priva di significative soddisfazioni, si troverà di fronte ad una scoperta che gli aprirà un inquietante cassetto della memoria. In casa c’è un uomo riverso per terra, col cranio forato da un proiettile: si tratta di William Falk, il miglior giallista della Danimarca.
Un suicidio sconvolgente, perché arrivato proprio quando l’autore stava presentando il suo ultimo libro, quello che avrebbe dovuto chiudere la saga del Pescatore.
Falk, il cui vero nome è Jorgen Brik, era uno scrittore che aveva fatto della professionalità un marchio di fabbrica; una fabbrica che produceva in serie dei prodotti letterari già pianificati sin dall’inizio, in ogni minimo dettaglio. Ma qualcosa non va come previsto. Falk cambia idea improvvisamente e annuncia che quello che ha appena finito di scrivere non sarà l’ultimo, ma ne seguirà un settimo.
I lettori sono spiazzati, ma l’entusiasmo dura poco: nel giro di poche ore tutta la Danimarca scoprirà che il cadavere ritrovato in casa di Laust è proprio quello dello scrittore.
Cosa unisce i due uomini? Perché Laust è stato inserito nel testamento di Falk come aspirante successore per la chiusura della sua saga?
In passato entrambi avevano partecipato ad un corso di scrittura per giovani autori, sfociato poi in un’assidua frequentazione con altri aspiranti scrittori: Flemmer Karlsen, soprannominato Flemmingway, Poul Hansen e Veronika Salomonsen, detta Versal.
La frequentazione tra questi giovani era iniziata con l’auspicio di replicare la storica esperienza vissuta da Mary Shelley e dai suoi amici. Ma Laust, Flemmingway e Brik non si limitavano solo a scrivere. Volevano spingersi oltre ogni limite, vivere sulla propria pelle esperienze estreme, per poi riversarle nei loro testi con tutta la veridicità possibile. Un gioco che costerà caro ai giovani scrittori, che si spingeranno talmente oltre da vivere il segreto più drammatico di tutti: la morte.
Birkegaard costruisce questo thriller lasciandoci con una doppia suspence: da una parte seguiamo i giovani scrittori che misurano la propria resistenza in prove estreme, che poco hanno a che fare con la scrittura; dall’altra seguiamo Laust, Poul e Versal rincorrere il sogno di scrivere l’ultimo capitolo della saga. A fare da collante tanti cadaveri e un unico mistero che ruota intorno all’ultimo romanzo di Falk.
Fin dove ci si può spingere per rendere la propria scrittura sublime, ai limiti della perfezione?