I demoni di Pausilypon – Pino Imperatore



Pino Imperatore
I demoni di Pausilypon
HarperCollins Italia
Compralo su Compralo su Amazon

Mentre mi arrovello un giorno intero per trovare un verso per il mio poema, altri, come nulla fosse, stanno impiegando lo stesso tempo per un delitto, uno stupro, un atto di ferocia.

Siamo a Neapolis nel 22 a.C. e il sommo poeta Publio Virgilio Marone si trova nella sua villa a Mare Planum, nel golfo più bello del creato che si dice sia nato da una sirena e da un vulcano. 

In questa villa fatta di tufo e piperno ama rifugiarsi il vate, conosciuto e rispettato in tutto l’impero romano per avere già dato al mondo due capolavori come le Bucoliche, poema con cui ha celebrato i mondi perduti e ha elogiato i valori, e le Georgiche, con cui ha esaltato i lavori agresti, le coltivazioni nei campi, l’allevamento e la cura del bestiame, l’apicoltura.

Un ritiro produttivo per isolarsi e riempirsi gli occhi e lo spirito della bellezza dei luoghi da cui continuare a trarre l’ispirazione per completare la sua opera più grandiosa, fortemente pretesa anche da Augusto, e che lo consegnerà all’immortalità: l’Eneide. 

Dopo Omero, cantore degli eroi greci, ecco dunque Virgilio, cantore di Enea, principe troiano e fondatore della stirpe romana, figlio di Anchise e di Venere, riuscito a fuggire dalla presa di Troia.

Nella villa a Mare Planum, con Virgilio vivono il suo scriba e factotum fedelissimo, Proculo; la domestica, Petelia, donna energica nativa della Tracia che sa come governare una dimora e come difendersi da chi le manca di rispetto, e Fosco, il cane randagio adottato da tutti e tre.

I giorni di quella primavera scorrono placidi ma ecco che nella lussuosa dimora di Publio Vedio Pollione, ricchissimo e crudele Eques (cavaliere) che ospita altri Eques come lui, viene commesso un orribile omicidio.

Uno degli Eques, Lucio Popilio Lepido, nottetempo è stato gettato nudo e vivo nel murenario che Pollione ha realizzato nella sua tenuta a Pausilypon (Posillipo), che dista un paio di miglia dalla dimora di Virgilio, e sorge sulla collina Mons Amoenus da dove si gode una vista magnifica sul golfo di Neapolis.

Lì, in una grotta di fronte alla scogliera a cui si accede da un sentiero ripido e difficile da percorrere specie di notte, Pollione ha fatto costruire una vasca a forma di conchiglia, collegata al mare tramite canaletti sotterranei per il riciclo dell’acqua. E lì alleva le sue murene con cui in passato ha dato sfogo alla propria crudeltà, gettando loro degli schiavi in pasto.

Una morte orribile quella di Lepido che aveva trascorso una notte di bagordi con una ancella. E non si tratta di un incidente, qualcuno infatti ha lasciato un papiro dove ha scritto quattro parole con inchiostro nero, IN NOMINE PATRIS NOSTRI. In alto, al centro, ecco il simbolo di una croce latina,  tracciato con inchiostro rosso. Lo stesso simbolo che si ritroverà all’interno dell’anello che tutti gli Eques ospiti di Pollione portano al dito. Compreso lo stesso padrone di casa.

Che segreto li lega? Sono sette infatti i cavalieri che si sono dati appuntamento a Pausilypon per i loro raduni periodici. Si conoscono da tanto tempo, hanno combattuto insieme, adesso sono invecchiati e si godono le ricchezze accumulate nel corso della vita. Ma qualcuno li ha presi di mira. Qualcuno che continuerà la sua opera sanguinaria. Pollione chiede a Virgilio di indagare prima che arrivi Augusto, che ha annunciato la propria visita nella villa dell’Eques. E Virgilio, temendo che anche Augusto potrebbe ritrovarsi in pericolo, accetta.

Ma dopo il primo omicidio ne seguirà ben presto un secondo e un altro Eques, Aulo Cornelio Capitone morirà trafitto dalla lancia della statua di Diana. Statua il cui piedistallo qualcuno ha manomesso.

Della trama non diremo altro per farsi godere questo romanzo ricco di citazioni e colti riferimenti storici, letterari e filosofici, che ci mostra un Virgilio inedito, capace di indagare con profondità nell’animo umano per cogliere quei segreti da troppo tempo custoditi che attendono di essere disvelati e vendicati. 

A intercalare i capitoli delle sue indagini, ecco un’altra voce che sembra avulsa del contesto, ma chiaramente non lo è. La voce di qualcuno che aveva un sogno di libertà che andava ben oltre la sua stessa esistenza e per esso lottò sino alla fine dei propri giorni.

Un romanzo che oltre a Virgilio ci fa conoscere altri personaggi storici e altri ancora di fantasia, come sempre avviene quando l’immaginazione dell’autore compendia ai vuoti della storia e li colma con episodi se non realmente accaduti, certamente plausibili e verosimili.

Pino Imperatore confeziona un romanzo assai godibile e ci “fa sentire” i dilemmi del vate quando, di fronte a quella catena di omicidi di cui non riesce a cogliere l’origine del movente. Virgilio, però, reagisce e dice principalmente a se stesso che chi scrive o filosofeggia non deve fare solo quello, un poeta non può restarsene rinchiuso nei recinti delle parole. Un poeta deve vivere il suo tempo, deve interessarsi di ciò che succede intorno a lui. Deve agire. Ogni uomo, insomma, ha il dovere di fare la propria parte per migliorare il mondo in cui viviamo.

Nell’evolvere della trama non mancano riferimenti storici anche pratiche crudeli in auge in quell’epoca, come la decimatio: Le definiamo guerre perché non abbiamo l’onestà di chiamarle carneficine.

Ma alla fine, come dirà ancora la voce narrante tra i vari capitoli che rivelerà la propria identità alla fine e che ovviamente sarà legata indissolubilmente alla trama di questo suggestivo romanzo, Colui che ha perso anche la speranza si è già consegnato alla morte.

Buona lettura.

Roberto Mistretta

Potrebbero interessarti anche...