Francis faccia d’angelo (La Milano di Turatello)



Antonella D’Agostino
Francis faccia d’angelo (La Milano di Turatello)
Le Milieu
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Memorie che fanno tornare in superficie fatti e vite che ci roteavano accanto fino all’altro ieri e che il tempo si sta apprestando a farci dimenticare. Il tempo fa il suo lavoro sporco da quando gli hanno detto che è per questo che è stato inventato. L’altro lavoro tocca a chi è stato testimone di primo occhio di una qualunque epoca e ha il privilegio di poterlo raccontare. Come Antonella D’Agostino, da quattro anni signora Vallanzasca (lui, proprio lui), “sorella” dell’uomo che, proprio insieme all’attuale consorte, è stato per più di un decennio il criminale più temuto di Milano: Francis Turatello, “Faccia d’angelo” per le cronache, per via di una prestanza fisica e un’eleganza nei modi che lo facevano più vicino a un cherubino che a un Al Capone alla milanese.

I nomi ci sono tutti e tutti scottano. Il protagonista, il vice Carlo Argento, Renato Vallanzasca, Frank Coppola (il padre), Luciano Liggio, Angelo Epaminonda, la Banda della Magliana. Ci sono ancora gli anni ’60, quando “Milano ha il bisogno di svagarsi” e la mala la si trovava negli autosaloni, negli ippodromi e nel gioco d’azzardo. Poi tutto il decennio successivo, con un radicale cambio di sangue della criminalità che, in preda a una voracità irredimibile, sposta il tiro su droga, rapine, sequestri, bische e spinge a più non posso l’acceleratore dello sfruttamento della prostituzione. E politica naturalmente. Che a Milano si chiama partito socialista italiano. E in questo scenario di intrighi, intrecci, misteri, vendette, sgarbi, fughe, infamità, sparatorie e ammazzamenti, Turatello e la sua batteria primeggiano cercando di distinguersi sempre dal criminale divoratore e ingordo di tutto quello che sia ricchezza e potere. Fare il colpo, d’accordo. Ma cercando il più possibile di non far del male a nessuno.

L’autrice, anche con il prezioso conforto di Eros, il figlio di Turatello, narra pezzi di storia come se si trattasse di mandare avanti un romanzo popolare. Fino e oltre quel 17 agosto 1981 quando, nel carcere di Badu’e Carros , venne ucciso sotto un numero impressionante di coltellate (ma senza la letteratura posticcia del cuore strappatogli e addentato da Pasquale o’animale Barra). Non ne esce un santino. Ma il ritratto di un uomo. Figlio a tutti gli effetti di quella Milano che conobbe solisti del mitra, Pelé, bel René e facce d’angelo. Con una propria filosofia come: «O si lavora o si ruba. Senza far niente non si sta! Odio qualunque forma di parassitismo». Firmato Turatello.

Corrado Ori Tanzi

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