Butterfly – Martta Kaukonen



Martta Kaukonen
Butterfly
Longanesi
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“Di solito non sporco. Io torturo. Uccido. Ma senza lasciare traccia. Per me è una questione d’onore. Non voglio che i parenti delle vittime spendano un sacco di soldi per far pulire la scena del crimine. Non riuscivo a capire come avessi fatto quella volta a combinare un tale casino.”

Il cuore dell’incipit del nuovo thriller psicologico della scrittrice finlandese Martta Kaukonen mette a nudo un’assassina seriale che con un tono di voce lapidario confessa ai lettori che è intenzionata a smetterla per sempre. Ci riuscirà o, invece, è destinata al mestiere che sembra le sia stato insegnato nientepopodimeno che dai genitori?

La realtà che ci trasmette il romanzo, ambientato in una evocativa e spesso solitaria Finlandia, è ben altro ed è qui che la suspense tiene il lettore in bilico su più fronti. 

Immaginate quattro bombe a orologeria sul punto di scoppiare. Ovvero quattro narratori inaffidabili che orchestrano un gioco di specchi capace di illuderci che la verità sia monolitica e si stia svelando progressivamente, grazie a una tensione che tiene sospesi. L’illusione che ci consegna l’autrice è che i drammi legati all’identità e alla memoria si svolgeranno presto nudi e crudi sotto i nostri occhi. Sempre che riusciamo a srotolare la matassa che lega il vero e il falso, nella misteriosa relazione tra presente e passato.

E invece la scrittrice finlandese scombina le carte proprio quando tutto sembra cristallino e la verità emerge nell’unica, sconcertante e drammatica combinazione possibile. 

“Butterfly”, edito da Longanesi, è un thriller psicologico dal linguaggio secco e teso che non sembra lasciare nulla all’immaginazione ma che dichiara subito i suoi intenti sul filo della menzogna conscia e inconscia per voce di Ira, vent’anni e torturata da ossessioni, in cerca di alibi e che si dipinge come una farfalla – sarà un caso che il suo nome richiama una rabbia insondabile?

La psicanalisi viene mostrata e abusata, nella complessa e multiforme dinamica terapeutica che lega Ira e Clarissa, la psicoterapeuta da talk show e tacco dodici a cui si rivolge per crearsi un alibi di ferro. E non solo. L’universo narrativo si popola di personaggi che non ce la raccontano giusta, o così sembra. Chi sarà il vero mostro? 

L’inizio è adrenalinico, con il sangue che ci aspettiamo dal genere. Ma dopo scene che alternano i quattro narratori in una progressione cadenzata da interrogativi, a un certo punto fioccano con precisione le rivelazioni, come aghi che all’improvviso incidono la storia e iniziano a comporre un disegno da lasciare a bocca spalancata. E quello che sembrava uno sviluppo di trama a quattro vie gestito con il diesel fa esplodere verità nascoste che feriscono più dei tagli rabbiosi che si autoinfligge Ira. 

I quattro narratori ci presentano tante tessere di un puzzle attraverso frammenti di scene conclusi in modo avvincente. Ma l’abilità della scrittrice è che a un certo punto solleva un inquietante alito di vento e tutto torna in ordine come per magia. Lo fa con onestà, quella che ci aspettiamo da un giallo, che in questo caso indaga i misteri della psiche.

“C’era troppo sangue nella stanza. (…) Le mie impronte insanguinate mi seguivano. Com’era possibile che quella macchia assomigliasse così tanto alla prima tavola del test di Rorschach?”.

A voi la risposta. 

Monica Sommacampagna

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