La regola del lupo di Franco Vanni Baldini + Castoldi
Solo e randagio, si sente così Filippo sin da bambino, quando i compagni di scuola e gli amici lo chiamavano il Filippino perchè è figlio di una portinaia, ma lui non si lascia emarginare o deridere. Filippo è un po’ come un lupo solitario, sa cos’è la fame e si ribella, sa quello che vuole e lo raggiunge a ogni costo, sa attaccare prima di essere aggredito e aspira a diventare il leader, o meglio il capo branco di un gruppo di un gruppo di amici, cani addestrati, addomesticati alla ricchezza, al superfluo, al facile divertimento. Filippo è anche la vittima della sua storia di amicizia e di amori sacrificati per raggiungere un benessere e un successo non ereditati, di una storia finita a quarant’anni con la sua morte violenta sul tender della barca ancorata a Pescallo. Del caso del secondo romanzo della serie di Molteni di Franco Vanni “la regola del lupo” si occupano il maresciallo Salvatore Cinà e il cronista del settimanale “La notte” Steno Molteni. Nessun testimone, tre sospettati e la natura rigogliosa del lago che subisce il rumore di due spari e le altre brutture che gli uomini celano nelle sue acque. Vanni stupisce il lettore più di una volta col suo stile limpido e chiaro che a volte cede alla narrazione più oscura e misteriosa della vita di Filippo Corti, una storia che somiglia alle acque del lago, ai suoi mutamenti. Vanni mette tutto sul tavolo dell’indagine come nei classici gialli della camera chiusa e come un cameo inserisce un piccolo testimone muto come una pennellata colore giallo nel contesto della storia. Tanti gli omaggi al mondo animali si susseguono e i lupi e i cani li conosce anche il commissario Cinà che non dimentica la lezione di vita imparata appena arrivato a prendere servizio alla stazione dei carabinieri di Bellagio.
Franco, nel tuo romanzo ci sono tanti animali, reali, simbolici o anche usati come soprannome, che rapporto hai con gli animali? Ti piace renderli personaggi?
Come scrivo nella dedica, ho riscoperto gli animali grazie a mio figlio. Ha quasi due anni, va matto per cani, papere, galline, mucche, leoni e qualsiasi altra creatura che popoli la terra. Durante le nostre passeggiate nel quartiere, mi indica sempre i cani, in particolare. Guardandoli correre e scodinzolare, sono stato trascinato dal mio spirito di avventura, che mi ha spinto a cercare nel cane la traccia del lupo, suo genitore ancestrale. Da lì è nato il titolo. Ed è stato lo studio della dinamica di branco che mi ha ispirato la trama. Oltre al lupo, nel mio romanzo ci sono altri animali: struzzi, un cane, un cardellino, persino un elefante. Ciascuno è metafora di un particolare comportamento umano, come nelle fiabe per bambini, appunto.