Almeno tu – Carlo Lucarelli



Almeno tu - Carlo Lucarelli
Almeno tu
Einaudi
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Vittorio pregava fin da quando era bambino, non perché fosse un credente assiduo, ma perché aveva paura. Paura che succedesse qualcosa alle persone a cui voleva bene, soprattutto a sua figlia Elisa. Qualcosa di brutto. È lui il personaggio attorno a cui ruota questa brutale storia. 

La trama di Almeno tu, il nuovo romanzo che l’immenso Carlo Lucarelli decide di donarci a distanza di quattro anni dall’uscita di “Léon”, il seguito di “Almost blue”, è intrecciata in maniera magistrale. In un primo mento, potrebbe sembrare sconclusionata, ma quando si parla di un autore del suo calibro, si può star tranquilli che dove andrà a parare lo si scoprirà a tempo debito, un imprevisto dopo l’altro.

Chi conosce Lucarelli sa quanto la sua dialettica sia abile, tant’è che, mentre si legge, è probabile che venga automatico sentire la sua voce che ci narra la storia, con la sua cadenza e i suoi toni che riescono a mettere curiosità, senza dare alcuno spazio alla monotonia. 

Almeno tu viene definito in prima battuta come “un thriller silenzioso, scorretto, crudele”, ed è proprio così. Lo scenario che si presenta all’inizio è uno dei peggiori che i genitori possano vivere. Paola e Vittorio ricevono in piena notte la notizia della morte di Elisa, la loro unica figlia. 

“Bisognerebbe averli sempre vicini, i figli, sotto gli occhi e a portata di mano.”

Succede così, di punto in bianco, mentre sono a letto, nel modo in cui tutti i genitori sulla faccia della Terra temono. Il maresciallo che citofona al portone alle 2.13, il cuore che martella nel petto e che esplode in gola, l’incredulità, la disperazione. Il padre ha troppa difficoltà a credere che sia successo alla sua bambina.

“Ma come.

Ma perché.

Perché Elisa.”

La madre scoppia in un pianto disperato, vuole sapere, vuole vedere sua figlia e, a un certo punto, lascia che tutto il suo rancore deflagri verso Vittorio, perché è stato un padre assente, a detta sua, perché si dimenticava perfino il compleanno di sua figlia. 

“Paola ha appoggiato la fronte al finestrino e piange sulla sagoma del suo viso riflessa sul vetro. A un certo punto si stacca e si volta verso di lui. Strappa le labbra l’una dall’altra: Sarai contento, adesso.”

Eisa era in vacanza con gli amici: Yuri, Luca, Matteo, Martina. Non era previsto nessun giro in macchina, la ragazza non sarebbe mai salita su un’automobile, solo uno di loro era maggiorenne. Perché si è sentita male? Aveva bevuto? No, Elisa non beveva, tanto meno si drogava. Come mai è scesa dalla macchina? È stato solo un incidente. Oppure no? È proprio dal dubbio che gli accadimenti non si siano svolti come inizialmente testimoniato dagli amici, che Paola assume Lara, un’avvocatessa che si era già occupata di un caso che in passato aveva coinvolto questi ragazzi. Sulle prime, Vittorio è restio a rivivere quelle sensazioni orribili, seppur mai sopite, ma, ad un certo punto, gli scatta qualcosa nella testa.

“Nel sogno avvicina la bocca al mio orecchio e il suo fiato caldo mi fa il solletico, ma quando sussurra ha una voce da grande. Dice: Devi vendicarmi, babbo. Devi farli soffrire. Devi ammazzarli tutti.”

Da quel momento in poi, Vittorio non riesce a rassegnarsi, tanto meno a voltare pagina, figuriamoci a farsi una ragione della morte della figlia. Ma d’altro canto, come biasimarlo? Per un genitore sopravvivere al proprio figlio è quanto di più tragico possa accadere, da quel momento la sua vita smette di chiamarsi vita, rimane una semplice esistenza, un mero stare al mondo. 

“Quando racconta quello che prova, Paola parla di un buco. Un buco grande e profondo che Elisa le ha lasciato nel cuore e nella mente, freddo e vuoto, un buco nero che si mangia sia lo spazio che il tempo.”

Questi sentimenti di disperazione e disorientamento si respirano lungo tutto questo racconto che il nostro Carlo preferito ci snocciola con il suo consueto stile narrativo, diretto e immediato, con un ritmo incalzante dato anche dalla scelta di esporre i fatti passando dalla terza persona alla prima in maniera inaspettata.

I temi trattati in Almeno tu sono molteplici e tutti più che attuali. La disperazione per la morte inaccettabile di un figlio, insieme alla volontà di scoprire la verità a tutti i costi, dove possono portare? Quanto coraggio bisogna avere e cosa si può arrivare a fare pur di ottenere la propria giustizia? Quanto in fondo agli inferi si può scendere pur di difendere un figlio?

Lucarelli, inoltre, scandaglia le vite dei giovani di oggi, mostrandoci come, a volte, gli stessi siano poco compresi dai genitori e come questi ultimi non sempre riescano a capire cosa passa nella loro testa. È possibile che non si accorgano di quello che i loro figli combinano alle loro spalle? Non si rendono conto di quanto siano schiavi di stereotipi e superficialità?

E ancora, l’autore non tralascia neanche il tema dell’omofobia, perché è tristemente conosciuto che il silenzio dei figli può essere dettato anche dal fatto di scoprirsi diversi e di non poterlo condividere con le persone più importanti della loro vita, quelle che li dovrebbero comprendere ed accogliere senza pregiudizi, mamma e papà. 

Almeno tu è un romanzo breve ma intenso, dalle tinte thriller, ma un po’ diverso dai soliti romanzi di Lucarelli. È un racconto moderno che gioca su ansie e timori, da leggere in poche ore tutto in una volta e che lascia stupiti fino all’ultima pagina. È una storia talmente potente da riuscire a toccare chiunque, anche chi un figlio non ce l’ha, e che entra nello stomaco come una pugnalata.

Erika Giliberto

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