Zia Mame

Sarŕ il vestito paillettato o il bracciale di diamanti a fare questo effetto?

Oppure il miraggio – speranza di una vita libera dalla noiosa normalitŕ della routine ad affascinare il lettore una volta finito questo romanzo?

Zia Mame, pubblicato nel 1955, č un vero mistero.

Lo stile colto, elegante, brillante, introduce il lettore in un’ esistenza meravigliosamente al limite, divertente, glamorous, speranzosa.

Una vita, quella della zia Mame, ricca americana vissuta a cavallo tra gli anni 20 e 50, raccontata con sguardo bacchettatore e divertito del nipote Patrick Dennis, lo scrittore che nella realtŕ rispondeva al nome di Edward Everett Tanner III , uomo dalle molteplici personalitŕ che, dopo un tentativo di suicidio, lo condussero in manicomio, uscito dal quale divenne maggiordomo dell’inventore del McDonald’s, Ray Krocs.

Due vite vissute, quella della zia Mame e del suo nipote Patrick, tra alti e bassi, matrimoni e allegre vedovanze, velleitŕ artistiche e impeccabili conversazioni da salotto, pavoneggiamenti alla Fred Astaire e lunghi abiti firmati Chanel.
Siamo nell’America tra la grande depressione e la prima guerra mondiale; New York č una fucina di arte ed eleganti idee che si scontrano immancabilmente con il narrow – minded entroterra yankee.

Lasciando dietro di sč una scia di prezioso profumo, correndo sulle strade americane a ritmo di swing, bevendo gin fizz in una rolls roice guidata dal giapponese Ito, Mame coinvolge il nipote, orfano di padre (fratello noioso di lei) e noi lettori, in una vita vissuta fino in fondo, che non si risparmia , che sperimenta e si lascia vivere, che soffre e ride, e che paradossalmente fa ringiovanire col passare del tempo.

Gag, champagne, discorsi antisemiti zittiti, fanno di questo libro un capolavoro che si guadagna con merito il titolo di vero elisir di giovinezza: non invecchia Mame, il tempo non scalfisce la sua fiducia nella bellezza dell’esistenza o la sua voglia di divertirsi (quasi fosse una Cindy Lauper degli “anni ruggenti”), mai crolla la sua fiducia nella meravigliositŕ dell’ eclettismo esistenziale, che si rivela appieno nonostante il linguaggio asciutto e privo di fronzoli con cui il romanzo viene proposto.

Ci piace la zietta, ci diverte il nipote che se ne prende cura quasi fosse una bambina incosciente che si getta in qualunque avventura trascinata dalla passione fuori dal controllo della razionalitŕ.

Ci affascina questa immagine di donna, un concentrato di nuvole di cipria rosata e impulsi elettrici di sinapsi che le consentono di accoppiare sapientemente bellezza e intelletto.

E soprattutto ci illumina la sua epicurea filosofia di vita; non si risparmia in nulla e a mň di un moderno Archiloco, sfida la sorte gioendo per le vittorie e sorridendo dietro un ventaglio di piume di pavone nelle sconfitte (che sono tali poi?).

Non ci puň essere miglior in bocca al lupo della lettura di questo libro, in cui la zietta, rivolgendosi al nipote, adulto, che le dice quanto sia una persona fantastica (e fantasiosa, ndr), dŕ a costui la ricetta per una sfavillante esistenza: ”Non č nulla tesoro; prendi semplicemente un po’ di miele e poi scuoti come un matto”.

Se il risultato č questo, sarŕ fatto.

angelica scardigno

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