Notti nere – Marco Vichi



Marco Vichi
Notti nere
Guanda
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Con Notti Nere (Guanda Editore), quattordicesima avventura del commissario Bordelli, Marco Vichi firma uno dei romanzi più maturi, ampi e stratificati dell’intera serie. Non è solo un giallo, e soprattutto non è un giallo tradizionale: è un’opera fuori dagli schemi, dove l’indagine principale non segue un percorso lineare, ma diventa piuttosto l’asse attorno a cui ruotano altre vicende, altre urgenze, altre ombre che si affacciano nella vita del protagonista. La complessità del caso, infatti, è solo il punto di partenza: Vichi costruisce un affresco umano e sociale che prende forma attraverso le tante operazioni quasi “collaterali” che Bordelli — pur essendo ormai in pensione — non riesce a non affrontare. Per lui la giustizia non è un lavoro, è un richiamo naturale, quasi un dovere morale impossibile da ignorare.

A fare da scenario a tutto questo c’è la Firenze del 1970, resa con una forza atmosferica che è cifra distintiva dell’autore. La città vive un’epoca di trasformazione, tra cambi generazionali, tensioni politiche e una modernità che avanza spesso in modo brusco. Vichi cattura perfettamente quell’aria sospesa, restituendo una Firenze popolare, intima e al tempo stesso inquieta. Su questo sfondo, la rievocazione della mitica semifinale dei Mondiali del 1970 — Italia–Germania 4-3 — diventa quasi un simbolo collettivo: una parentesi di gioia nazional-popolare che unisce i personaggi e li restituisce, per un istante, a una dimensione di entusiasmo condiviso. È un frammento di memoria che fa vibrare il romanzo di nostalgia e vitalità.

Accanto a Bordelli si muove, come sempre, il fedele Piras, il giovane che ormai è molto più di un collega: è un erede, un figlio acquisito, una presenza che incarna quel futuro professionale e umano che Bordelli osserva con orgoglio e malinconia. Il loro rapporto è uno dei cardini emotivi del libro, e Vichi lo sviluppa con delicatezza, mostrando come i due si influenzino a vicenda pur appartenendo a generazioni diverse.

Ma ciò che rende Notti Nere particolarmente significativo è la crescita del suo protagonista. Nonostante l’età e il peso delle esperienze, Bordelli continua a cambiare. Non è un eroe statico, non si limita a muoversi nel suo mondo: lo attraversa interrogandosi, mettendo in discussione la propria morale, cercando ancora un posto che lo convinca davvero. Il romanzo diventa così il ritratto di un uomo che non si arrende all’idea di essere “arrivato”, e che, mentre l’Italia cambia velocemente, cerca un modo per rimanere fedele a sé stesso senza rimanere prigioniero del passato.

In questo percorso, le donne hanno un ruolo decisivo, tanto da costituire il vero cuore del romanzo. Vichi costruisce una costellazione femminile complessa e potente. C’è l’orfana che, dopo la violenza subita, vede nella vendetta l’unica via possibile: una figura tragica, che il commissario osserva con empatia e dolore. C’è la giovane benestante che fugge dalla sua vita agiata ma soffocante, simbolo di un disagio che attraversa le classi sociali. E c’è la prostituta il cui omicidio attiva in Bordelli una giustizia personale, severa e profondamente etica, che rappresenta uno dei momenti più intensi del libro.

Accanto a loro ci sono le presenze femminili che popolano stabilmente la vita del commissario: Eleonora, con cui Bordelli prova a costruire una vera famiglia, un progetto che lo intimorisce e allo stesso tempo lo sostiene; e Rosa, l’amica di sempre, la confidente, il porto sicuro dove ritrovare un equilibrio dopo giornate dense di ombre.

Il mondo maschile, però, non scompare. Vichi gli dedica pagine memorabili, soprattutto attraverso le celebri cene boccaccesche che riuniscono Bordelli, l’ex ladro Ennio, il colonnello Arcieri e gli altri amici di lunga data. Sono momenti di leggerezza, di confidenze sguaiate e sincere, di fuga dai pesi quotidiani. Un rito necessario, che ricorda al protagonista che esiste un antidoto alla durezza del mondo: la complicità, il vino, il racconto, la risata.

Notti Nere è tutto questo: un giallo che rifiuta la rigidità del genere, un romanzo umano e malinconico, un ritratto d’epoca, un racconto di amicizia e di cambiamento. Marco Vichi conferma la straordinaria vitalità del suo personaggio, regalando ai lettori un’altra tappa avvincente e profondamente emotiva nel percorso del commissario più umano e imperfetto della narrativa italiana contemporanea.

Daniele Bonetti

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