In quel di Treviso, due casi molto diversi turbano la routine da osteria dell’esotico ispettore Stucky: sull’alzaia del fiume Sile un maleducato corridore si diverte a spingere nell’acqua i cultori del jogging provocando caviglie gonfie e raffreddori, mentre sulle scale di un tempio un anziano parroco di paese viene trovato morto (spinto? scivolato? infartato?), il tutto la domenica di Pasqua. Affidandosi all’istinto che dice omicidio, l’ispettore indaga mettendo sottosopra la tranquilla vita di provincia, scoperchiando il solito marciume che affonda le radici nel moralismo spicciolo della piccola borghesia di paese.
Nonostante le buone premesse, lo stile ironico e un tantino surreale che fa apprezzare le prime pagine non regge oltre i primi capitoli, affossato da una trama forse troppo leggera alla quale l’autore, pur sforzandosi dipingendo personaggi simpatici e sufficientemente originali, non riesce a dare ritmo nè un minimo di suspance, elementi a mio modo di vedere fondamentali in un libro che si fregia di essere un giallo. In poche parole, le indagini ristagnano per la maggior parte del romanzo e la vivacità dello stile non è sufficiente ad appassionare il lettore, che finisce per non vedere l’ora che l’ispettore acciuffi il manigoldo di turno pur di passare a una lettura più interessante.