Le rose della colpa e Gli inquilini di Dirt street




Le rose della colpa e Gli inquilini di Dirt street

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Sono stati recentemente pubblicati da Meridiano Zero due libri che mi hanno particolarmente colpito: Le rose della colpa di Steve Earle e Gli inquilini di Dirt street di Derek Raymond.

Propongo un’analisi in parallelo partendo dagli autori. Earle e Raymond arrivano alla scrittura dopo una vita segnata da esperienze lavorative e non solo particolarmente difficili. Earle, nome molto noto del panorama musicale folk-rock americano, ha avuto diversi problemi legati alla droga e all’alcool; problemi culminati nel 1994 con l’autodenuncia e il conseguente internamento per un anno in un centro di riabilitazione per tossicodipendenti. Raymond, è passato "dal riciclaggio di auto in Spagna all’insegnamento a New York, dall’impiego come tassista alla carriera di trafficante di materiale pornografico"*. Entrambi – Raymond, vero nome Robert William Arthur Cook, è morto nel 1994 a Londra – usano uno sguardo cinico e disincantato per descrivere il mondo ed Earle, in particolare, esprime sia nella musica sia nella scrittura una critica esplicita e diretta al sistema americano. Critica, comunque, presente e forte anche nelle atmosfere degradate e disumane rappresentate nei romanzi di Raymond.

Leggere il libro di Earle è un po’ come ascoltare un suo disco. Così come la canzone "Jerusalem" esprime il senso di impotenza dell’uomo nei confronti di una gerra "ingiusta e inutile" come tutte le guerre, così ogni racconto di "Le rose della colpa" – pubblicato originariamente nel 2001 con il titolo di "Doghouses roses" – esprime il disagio di vivere in una società dove la morte di un uomo diventa "una breve interruzione della catena alimentare"**. Il parallelo con la musica rimane anche nel numero dei racconti – 11 come le canzoni di un disco – e nella scelta di trattare temi scomodi: tossicodipendenza, razzismo, assassinio. "Le rose della colpa sono "quelle confezionate singolarmente che si vendono accanto alla cassa dei negozi. Avvolte nel cellophane, con un’ampollina di plastica piena d’acqua allo base dello stelo. Le comprano gli uomini per le persone care quando rientrano a casa troppo tardi o si dimenticano  anniversari e compleanni.""*** E questo è l’altro tema che affiora: il perdono. O meglio il cercare perdono; il chiedere perdono anche a se stessi. E spesso, il non trovarlo neanche in se stessi. Alcuni personaggi di questo libro si macchiano di crimini enormi, magari per difendersi o per difendere un ideale. Eppure, crimini rimangono.

Crimini come quelli che si consumano a Dirt Street. Un "via del degrado" dove si offrono e si cercano, senza limiti, sesso , alcool, droga e frustate. Dove l’unico metro di valutazione etico è il denaro e dove esiste un impero – che si chiama "Amalgamed Vice" – capace di realizzare un servizio unico e richiestissimo: "inventare nuove perversioni"****. Il libro, scritto nel 1971, risente del passaggio di una generazione londinese che sta dicendo addio ai propri idoli e ai propri ideali. I Beatles si sono appena sciolti e Jimi Hendrix, solo l’anno prima, è morto in un hotel londinese. Nel mondo c’è la vasta eco della guerra del Vietnam e forse per la prima volta, si comincia a capire quanto piccolo possa essere il mondo. Tutto questo si traduce, nel libro di Raymond, in un’umanità vuota e autolesionista, incapace di riscatto e senza aspirazioni. Un’immagine dura e impietosa che ancora oggi, a distanza di 35 anni, può costituire il fulcro di un’appassionata analisi sociale valida non solo per l’Inghilterra me per ogni luogo della Terra.
(fabio fracas)

Steve Earle – Le rose della colpa –  Meridiano Zero
Derek Raymond – Gli inquilini di Dirt street –  Meridiano Zero

* Tratto dal risvolto di chiusura del libro edito da Meridiano Zero.
** "[…] Da queste parti, di tossici ne muoiono tutti i giorni. Il più delle volte nessuno se ne accorge se non gli altri tossici, che percepiscono la cosa come una breve interruzione della catena alimentare. Qui nessuno è capace di piangere una persona nel vero senso della parola. […]" Da "Una sorta di elogio funebre", pag. 149.
*** Dall’analisi di Gianluca Veltri pubblicata su "Il Quotidiano" del 21.01.06.
**** Tratto dal risvolto di copertina del libro edito da Meridiano Zero.

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