Volver – Maurizio de Giovanni



Maurizio de Giovanni
Volver
Einaudi
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Volver significa ritorno, ma è anche il titolo di un celebre tango argentino scelto da Maurizio de Giovanni a chiusura di una trilogia anche musicale con ben tre testi di Alfredo La Pera: Caminito, poi Soledad ( scritto  dopo la morte della giovane moglie) e, infine, Volver tutti diventati cavalli di battaglia del celebre cantante e attore Carlos Gardel.  
Una trilogia che riporta in scena come protagonista, in una trama parallela la bella Livia, la grande cantante da sempre innamorata di Ricciardi  che, accusata di un delitto, aveva dovuto lasciare l’Italia e riparare dall’altra parte del mondo dove vive sotto il falso nome di Laura Lobianco. Sei lunghi anni di fuga in Argentina dove, cantando il tango e il suo dolore, si è rifatta una vita, ma ora basta! Deve e vuole tornare. Serve un gran coraggio per andarsene, ma ce ne vuole molto di più per tornare, non più disposta ad accarezzare il pericolo senza sfidarlo ma pronta ad affrontarlo di petto. Ma a Napoli niente è più come l’aveva lasciato. E troppo spesso questo è il triste  destino di chi ritorna… 

Sono passati anni da quando abbiamo conosciuto, o meglio incontrato, per la prima volta l’allora trentenne Commissario Ricciardi. Oggi con questo romanzo, siamo arrivati a luglio del 1940, e lui ormai di anni ne ha compiuti quaranta. Con Ricciardi abbiamo passato estati, inverni, primavere e autunni vivendo e soffrendo le sue pene e quanto è accaduto nel frattempo ma scoprendo anche tante piccole grandi storie incastonate come pietre preziose dentro la grande Storia.
E, ormai, siamo approdati al luglio del 1940. Il 10 giugno dal balcone di Piazza Venezia, con le celebri parole ai “Combattenti di terra, di mare, dell’aria…”, Mussolini ha annunciato l’entrata in guerra dell’Italia.
L’atmosfera generale è cupa, gli avvertimenti dei suoi nemici “amici” a Napoli sono stati precisi e  Ricciardi – preoccupato per la figlia Marta e per i suoceri a rischio per le loro  lontane origini ebraiche – ha deciso di  chiedere il trasferimento in provincia, di lasciare Napoli e  andare a vivere  a  Fortino, il tranquillo paese del Cilento dove è nato. Sono partiti tutti in fretta, segretamente,  di notte. Solo gli amici veri sanno. 
Le finestre e le porte della loro casa a Napoli sono e resteranno ermeticamente chiuse. 
Là, a Fortino, nei luoghi della sua infanzia, Ricciardi sogna di trovare  la  quiete, di poter godere di una qualche serenità e spera di crescere sua figlia al sicuro.
Ci riuscirà almeno in parte ma dovrà anche fare i conti con un passato che non avrebbe mai potuto immaginare, tanto che quello che avrebbe dovuto essere solo un domestico rifugio si trasformerà  per lui anche in un imprevedibile viaggio nei ricordi.  Fortino, infatti, non resterà solo la dorata nicchia protetta della sua infanzia, ma diventerà anche un misterioso teatro di tematiche  irrisolte con le quali  Ricciardi  dovrà confrontarsi oltre che con lontani e insoluti crimini, con ambigue ombre apparentemente inspiegabili, legate al passato. Dovrà affrontare le conseguenze della debolezza del cedere a un amoroso trasporto, gli spettri e le sofferenze della penosa malattia materna che non hanno però mai escluso la sua larghezza mentale, la sua grandezza d’animo e la sua generosa e umana comprensione.    
Là, infatti, nella dimora avita, una specie di castello vero e proprio, il commissario Ricciardi sarà costretto a regolare, e non solo con se stesso, i conti rimasti in sospeso legati alla sua famiglia. confrontandosi con l’ iconica, idealizzata e semisconosciuta figura del padre e con quella sofferta ma sempre giusta e splendida di una madre così tanto simile a lui.
Nel frattempo, assistiamo a una specie di seconda parte in cui ritroviamo  Napoli, il suo mare, il suo golfo, il suo centro  le sue strade, le sue piazze e i suoi vicoli a fare da scenario, mentre  il fido e gigantesco brigadiere Maione con Bambinella, Bianca e tutti gli altri rimasti in città, si impegnano cavallerescamente in una pericolosa e quasi acrobatica missione per salvare da morte certa il comune  amico dottor Modo.  Quell’eterogeneo e multiforme insieme di persone, menti e cose  che rappresentano Napoli e  il suo grande cuore, sempre pronto ad accogliere e proteggere, ovunque e comunque, i suoi figli.
Insomma, in questo romanzo avvengono tante cose, anche diverse, come per esempio ciò che viene raccontato a Fortino a Marta  cose che solo lei è in grado di ascoltare,  ma anche, e soprattutto, tutto ciò che succede, che può succedere e che si teme angosciosamente possa capitare quando un paese scivola inconsapevolmente e consapevolmente  in una guerra, con i figli che  addirittura possono arrivare a pensare e a fare altrimenti dai padri.
Maurizio de Giovanni ha sempre dichiarato che non avrebbe portato il suo protagonista in guerra. L’ha tuttavia portato zigzagando rischiosamente per restarci fino al luglio del ‘40.  Proprio a Napoli che in  seguito sarà l’unica città d’Italia a saper scacciare l’invasore. Ricordiamo l’onore e il coraggioso valore delle Quattro giornate di Napoli, l’indomita e scatenata insurrezione popolare con la quale, tra il 27 e il 30 settembre 1943 la popolazione civile e i militari fedeli al Regno del Sud riuscirono a liberarla dall’occupazione e scacciare le forze tedesche della Wehrmacht.
Con una perfetta ambientazione in cui l’aspra ma quieta e malinconica bellezza  della montagna cilentana rispecchia pienamente lo stato d’animo e la tensione emotiva vissuti contemporaneamente dal protagonista nel corso della storia, Maurizio de Giovanni costruisce  una trama che via via diventa  più intensa sia nell’ attesa, che nella quieta ma sentita  partecipazione e infine   nell’incuriosita e fremente riscoperta della verità. Il Cilento poi, con i suoi paesaggi aspri e malinconici, si adatta perfettamente all’anima inquieta di Ricciardi in un momento epocale del vivere comune con  guerre, persecuzione razziale, violenza collettiva da contrastare e la necessità di proteggere la propria famiglia.
Un romanzo diverso, corale in cui si prova a far convivere umanità corredata da solidarietà in animi che si avviavano piuttosto a nascondere la testa sotto la sabbia o a implicarsi in una serie di mostruose  e “normali” efferatezze in un’Italia dilaniata dalla guerra.

Maurizio de Giovanni ci lascia sperare in un ritorno di Ricciardi negli anni ’50 quando Marta sarà un’adolescente . Serena, voglio immaginare, perché mi pare che in Marta si siano esaltate molto positivamente  quelle doti particolari che hanno regalato solo dubbi e infelicità a sua nonna e a suo padre. 
Ricciardi, poi, sarà solo, sia pure circondato dagli amici e dai familiari o  avrà qualcuno al fianco? Sarà ancora un funzionario di polizia? Oppure? 

Patrizia Debicke

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