“Una storia di sbagliata” di Giancarlo De Cataldo (Einaudi) è un noir teso, asciutto, intensissimo, capace di restituire con lucidità e inquietudine l’atmosfera della Roma degli anni Settanta, una città attraversata da ombre lunghe: il terrorismo che monta, l’eroina che inizia a mietere le prime vittime, la Banda della Magliana che muove i suoi passi nell’ombra, preparando la stagione di violenza e connivenze che segnerà un decennio.
In questo scenario complesso si muove Paco Durante, poliziotto fuori da ogni schema, personaggio ben tratteggiato nella sua umanità spigolosa e nella sua ostinazione quasi testarda in bilico tra il dovere di poliziotto e l’equilibrio imposto dall’amore per Sara. Paco è un uomo che crede nella giustizia più che nelle gerarchie, e proprio questa sua lealtà profonda — paradossalmente più alla divisa che all’istituzione — lo rende immediatamente vicino al lettore.
L’indagine che gli viene affidata sembra quasi una formalità: una ragazza di vent’anni morta di overdose, la prima per eroina. Un caso apparentemente minore, una stonatura nella routine sempre più cupa delle strade romane. E invece, come spesso accade nei romanzi di De Cataldo, ciò che appare semplice nasconde fratture profonde. Man mano che Durante si addentra nella vita spezzata della giovane, il cerchio si allarga: colleghi corrotti, servizi segreti che “deviano”, criminali stranieri pronti a fare affari sporchi, e sullo sfondo la regia oscura della mafia. È un labirinto in cui ogni passo rischia di essere quello sbagliato, ogni dettaglio un inganno, ogni verità un bersaglio mobile.
Paco Durante procede comunque, ostinato, impulsivo, quasi votato alla sconfitta, ma proprio per questo così umano e così credibile. La sua voce si fa guida in un mondo dove giustizia e illegalità spesso si sfiorano, quando non si confondono apertamente. E la Roma che De Cataldo racconta è viva, sporca, credibile: non un semplice sfondo, ma un personaggio essa stessa.
“Una storia di sbagliata” è un romanzo breve ma densissimo, che si legge d’un fiato proprio per la sua capacità di tenere alta la tensione senza mai sacrificare la precisione storica o la complessità dei personaggi. De Cataldo conferma una volta di più la sua maestria nel noir storico italiano: conosce quell’epoca, quei quartieri, quelle dinamiche, e li racconta con una naturalezza che solo chi li ha davvero interiorizzati può permettersi.
Il risultato è un libro compatto, amaro, autentico. Una storia “sbagliata”, sì, ma che proprio per questo sa colpire con la forza delle verità taciute e delle battaglie perse, che però vale comunque la pena combattere.


