Romanzo molto cupo, l’ultimo di Sergio Bufano, Una pallottola per il commissario Valtierra. Cupo in primis per l’ambientazione, una Buenos Aires invernale, piovosa, molto ben descritta e ricca di un suo fascino triste. Cupo per il contesto in cui è ambientato, l’Argentina degli anni 70, dei militari, delle torture, dei desaparecidos. Cupo, infine, per la storia narrata.
Da una parte il commissario Valtierra, poliziotto zelante e fedele servitore dello Stato, sotto qualunque forma esso si manifesti, entrato giovane nella polizia comune, segnalatosi per le indubbie doti di mastino, e passato verso il termine della propria carriera a dirigere il Dipartimento politico. In quanto tale, implacabile cacciatore e spietato torturatore degli oppositori del regime.
Dall’altra, il giovane “Inglesito”, rampollo di famiglia borghese argentina, cacciato di casa dal padre avvocato per le sue idee sinistrorse e libertarie.
Le due esistenze sono destinate ad incontrasi nel finale del romanzo.
L’Inglesito entra infatti a far parte di una cellula di oppositori del regime e viene addestrato ad uccidere un torturatore del popolo, che scopriremo essere proprio quel commissario Valtierra di cui seguiamo per un po’ la vita e le vicende, sia lavorative e sentimentali, con il suo amore per la bella e austera Dorita, destinato a chiudersi senza mai essere veramente sbocciato, per scelta del commissario.
Per farlo, l’Inglesito dovrà superare i molti dubbi che attanagliano la sua coscienza di pensatore appassionato ma alieno dalla violenza e dallo scontro fisico. Non possiamo ovviamente svelare il finale, ma anticipiamo che il romanzo si conclude con una scena drammatica e ricca di suspense.
Cronaca di una, o più morti annunciate, che, personalmente, lascia in bocca un vago sentore di irrisolto, per i drammatici temi sociali e politici che, forse volutamente, vengono ampiamente accennati ma lasciati comunque sullo sfondo.
Una pallottola per il commissario Valtierra
Gian Luca Antonio Lamborizio