Strani frutti – Loriano Macchiavelli



Loriano Macchiavelli
Strani frutti
Mondadori
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Con Strani Frutti (Edizioni Mondadori) Loriano Macchiavelli – maestro riconosciuto del noir italiano e padre del celebre questurino Antonio Sarti – compie un passo audace, spingendo il suo personaggio più amato oltre i confini del genere giallo. Non è propriamente un poliziesco, non del tutto un romanzo distopico: è piuttosto un viaggio nella coscienza collettiva, una riflessione sul presente travestita da racconto del futuro con scenari dipinti con audacia ma con nemmeno troppa fantasia.

Il mondo in cui Sarti Antonio si muove questa volta è un’Italia che non riconosciamo più, ma che potremmo facilmente immaginare. L’Europa è diventata una federazione di stati in equilibrio instabile, la terza guerra mondiale incombe, e sulle montagne dell’Appennino tosco-emiliano – luogo simbolico e morale della Resistenza – si riaffaccia l’ombra del razzismo, dell’odio, della sopraffazione. Un ritorno inquietante di spettri che credevamo sepolti in una società contemporanea fatta di contaminazioni, condivisione e mobilità internazionale.

Sarti, sospeso dal servizio, ha abbandonato Bologna e il suo ruolo di questurino. Si rifugia in montagna, fa il contadino, cerca di rendersi invisibile guidando con perizia un trattore tra campi e colline. Vive in una dimensione sospesa, dove il lavoro nei campi e il silenzio dei boschi sembrano restituirgli un frammento di pace. Ma quella quiete è solo apparente: il male, come sempre nei romanzi di Macchiavelli, non è mai lontano. È diffuso, sistemico, si insinua tra le persone e nelle istituzioni portando il lettore e muoversi nell’incertezza su quale sia la parte buona della storia e dove siano invece i cattivi.

Attorno a lui si raccoglie una piccola comunità di sopravvissuti, amici di fortuna – tra cui la Biondina e Benito – figure che incarnano la resistenza quotidiana e la dignità degli ultimi. Quando il vento della guerra torna a soffiare, e le montagne si popolano di campi di addestramento dove nuovi soldati vengono preparati per un progetto di dominio razziale, Sarti non può restare a guardare. La sua battaglia non è più quella del poliziotto che cerca un colpevole, ma dell’uomo che si oppone alla barbarie e che cerca di mettere giustizia nel mondo.

Macchiavelli intreccia abilmente la memoria della Resistenza con la cronaca di un futuro prossimo. Le fortificazioni del secondo conflitto mondiale diventano scenografie vive, luoghi della memoria e del riscatto. Nei dialoghi si respira l’amarezza per un Paese che ha smarrito i propri valori, ma anche la speranza che qualcosa, da quelle radici, possa ancora germogliare. Le osterie, le fughe nei boschi, le conversazioni etiche e politiche sono i tasselli di un mosaico che racconta l’Italia di ieri e di domani, tra idealismo e disillusione.

La scrittura di Macchiavelli resta fedele al suo stile: concreta, ironica, a tratti ruvida, sempre attenta al dettaglio umano. Ma in Strani Frutti c’è una dimensione in più: una malinconia profonda, un senso di addio e di rinnovamento. Il romanzo diventa un monito, un richiamo alla responsabilità civile e alla memoria storica.

Sarti Antonio e i suoi compagni non combattono solo contro un nemico in carne e ossa, ma contro l’oblio, contro la tentazione di dimenticare ciò che siamo stati, contro la tendenza della società moderna di pensare e vivere seguendo la logica dell’individualismo. Il loro tentativo di “ripristinare l’ordine” in un Paese allo sbando non è tanto un atto di giustizia quanto un gesto d’amore: per la libertà, per la solidarietà, per l’accoglienza e il rispetto che dovrebbero essere il seme del futuro.

Strani Frutti è dunque un romanzo necessario, una parabola civile più che un giallo, che ci costringe a guardare oltre il presente e a chiederci che cosa resta della nostra umanità. Macchiavelli ci offre un futuro che speriamo non arrivi mai, ma che – proprio per questo – dobbiamo imparare a riconoscere.

Daniele Bonetti

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