Sto mentendo – Maria Elisa Aloisi



Maria Elisa Aloisi
Sto mentendo
Mondadori
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Un caso per Ilia Moncada

E non è perché sono nata in provincia di Catania; nemmeno perché mia mamma mi prendeva la brioche col tuppo.

È perché, se dopo poche pagine mi ritrovo a pensare in siciliano, significa che l’autore ha creato un’atmosfera così viva e palpabile che faccio già parte della storia. 

È quello che è successo a me con Sto mentendo Un caso per Ilia Moncada dove la giovane penalista è chiamata a difendere Damiano Crisafulli, accusato di aver ucciso un suo dipendente, Carlo Spadaro, geriatra, che lavorava in una delle Residenze Sanitarie di Crisafulli.

Ad aggravare la sua posizione un furioso litigio, avuto proprio con Carlo, e un dettaglio molto particolare: l’impronta, sulla fronte del morto, di un anello chevalier identico a quello posseduto dall’accusato.

È qui che il romanzo si apre a un palcoscenico assai più ampio, non solo perché Catania è essa stessa un teatro, ma perché le scene ordinarie di vita – familiari e giudiziarie – lo arricchiscono in modo leggero e senza distogliere dalla storia, una storia dove le pagine si girano da sole.

Ilia Moncada è giovane, ma preparata, abituata agli intrighi giudiziari e ai colpi di scena, pronta a reagire con competenza e passione a ciò che un processo di tale portata può presentare.

“Si immagina il legale – ci racconta Ilia – come qualcuno in grado di creare artificiosi raggiri o di manipolare la realtà, in favore del suo rappresentato; ma chi fa con convinzione il proprio mestiere lavora perché il processo sia equo, perché vengano rispettati tutti i diritti, perché garantire i diritti del singolo significa garantire i diritti della collettività.”

E questa è la sua forza, ciò che la sostiene anche nei momenti più difficili dell’indagine che ci porta a conoscere oltre ai meccanismi del congegno giudiziario e processuale, anche una tra le leggende più note del catanese, quella di Gammazita, già a partire dall’intrigante copertina.

Ilia è circondata da un’umanità varia, in cui mi sento di comprendere il cane Mou, protagonista irrinunciabile; la sua vicenda non è un elemento estemporaneo della narrazione, ma un’altra pennellata del sottobosco cittadino, quella che completa il quadro.

Un legal thriller molto italiano, con tocchi di folklore che lo rendono decisamente coinvolgente: credetemi, e non sto mentendo, penso che Ilia Moncada sia pronta per una serie tv.

Marinella Giuni

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