Pietra è il mio nome



Lorenzo Beccati
Pietra è il mio nome
nord
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Romanzo giallo noir, da inserire nel filone dei thriller a sfondo storico, Pietra è il mio nome di Lorenzo Beccati, è ambientato nella Genova del 1601 con lo splendore dei suoi palazzi, le opulenze ostentate, la protervia dei nobili, degli sbirri e del clero e come contraltare i carruggi, i vicoli che respirano miseria e condizionano una plebe perennemente affamata e superstiziosa. Città palcoscenico della trama e della protagonista: Petra, una strana ragazza, che sa celare dietro una bacchetta da rabdomante un eccezionale acume che la rende quasi un super poliziotto e una straordinaria abilità in letali arti di combattimento, che ogni volta firma con il suo grido di battaglia: Pietra è il mio nome! Una città tanto viva e palpabile da farsi quasi coprotagonista di questa giovane donna che, con la tiepida benevolenza dogale, vive vendendo la sua capacità di rabdomante a ricchi e poveri, di questa donna che si finge fragile e invece è fortissima quanto il suo nome, Petra, o meglio Pietra come lei preferisce. La pietra è l’orribile strumento per la lapidazione (praticata ancor oggi con gran disinvoltura da certi paesi mediorientali). E proprio la lapidazione è la causa incidentale del fattaccio. Ce lo spiega il flash back riportandoci all’infanzia da orfanella della nostra eroina che, nascosta dietro una siepe, aveva assistito alla morte di Nora, uccisa per vendetta a colpi di pietra da altre bambine sue compagne di sofferenza nell’orfanotrofio. E proprio lei, che aveva saputo celare la sua perspicacia, e il suo spirito di osservazione dietro i movimenti di una bacchetta di rabdomante, dopo essere stata adottata e portata in nord Africa – e da qui era nato il suo soprannome Tunisina – aveva cominciato a servirsene per trovare oggetti smarriti o rintracciare persone scomparse. Ci si muove nel Seicento genovese, il secolo che vide i grandi ritratti ( allora il pittore principe dei genovesi era Antoon van Dyck), tanta storia, tanta guerra, l’incolmabile abisso sociale che divideva i nobili dalla plebe: immense ricchezze, povertà spaventose, conventi di povere orfanelle maltrattate e botteghe di artigiani, vetrerie dove si fabbricavano anche sontuosi specchi destinati a pochissimi, taverne… Dicevamo il fattaccio, che poi è un terribile delitto e che coinvolgerà personalmente Pietra/Pietra la rabdomante-detective. Stavolta, il compito che l’aspetta è diverso dagli altri. Mentre Genova è in preda alla frenesia del carnevale, viene ritrovato il cadavere di una giovane donna, massacrata a morte e, lì accanto, c’è proprio una bacchetta da rabdomante che sembra accusarla. Deve difendersi e la sua indagine la porterà a scoprire che il male, il segreto di quei delitti viene dal passato. Chi e cosa lega la crudele e lontana follia di un gruppo di bambine ai delitti attuali? Pietra dovrà scoprirlo prima che l’assassino torni a colpire. Prima che l’assassino torni per colpire lei… Molte pagine tracimano quasi nell’orrore del Grand-guignol, ma i lettori sono già addestrati a ben peggio da you tube. Altre ci descrivono correttamente quella che era la violenza della vita a bordo delle galee dove centinaia di schiavi incatenati permettevano il trasporto di merci preziose per il commercio europeo, o la manifattura di oggetti che allora fecero grande, anzi “grandissima” Genova.

patrizia debicke

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