“Legge e giustizia non sono concetti che coincidono, me lo ripeto in continuazione. La legge è solo l’ombra della giustizia, inutile illudersi, e di quest’ultima può al più cercare d’imitarne la forma”.
Eccola l’idea-guida dei libri di Michele Navarra: due pilastri del vivere civile che viaggiano paralleli come binari e che si incrociano raramente per ritornare subito a viaggiare ognuno per proprio conto. La frase citata è tratta dall’ultima pagina di “Per non aver commesso il fatto”, Fazi Editore, un libro ripubblicato a una quindicina di anni di distanza dalla prima edizione, con piccole modifiche al testo e una rinfrescata a qualche personaggio.
Una storia complicata e molto coinvolgente che vede un avvocato Alessandro Gordiani giovane, relativamente fresco reduce dall’abbandono della professione, rientrato in pista ma sempre alle prese con i suoi dubbi e tormenti sul senso di essere e di fare l’avvocato.
Nel mirino di Navarra, come sempre nei suoi romanzi, la gestione della giustizia nel nostro Paese, l’ansimante e disperante macchina dei processi, l’ipertrofico ego di magistrati e giudici (ma anche di avvocati). Insomma, uno spaccato orripilante ma assolutamente fedele di quello che dovrebbe essere uno dei principali indici di civiltà di un Paese. Navarra ha il merito di scrivere maledettamente bene, elemento non scontato e nemmeno secondario in un panorama editoriale troppo spesso inquinato da pseudoscrittori.
La sua abilità è quella di raccontare storie di vita normale, che possono capitare a chiunque, quindi credibilissime, nelle quali si muove un’umanità ferita non solo dalle vicende criminali, ma anche dalla insensibilità di chi è delegato alla applicazione della legge e della giustizia.
Leggetevi le pagine in cui racconta un’udienza di un giudice civile, mi sembreranno grottesche, ma sono l’esatta rappresentazione della realtà. Vi troverete di fronte a vette inarrivabili di pasticcioneria, opportunismo, sopraffazione e morte della Giustizia. Per non parlare della descrizione dei caratteri dei personaggi che gestiscono la giustizia penale, che dovrebbero essere più umani, tenere conto delle vicissitudini, dei tormenti, delle ansie di chi attende che si accenda una luce sul suo futuro o che cali il buio sulla sua vita.
La vicenda di “Per non aver commesso il fatto” ruota intorno all’omicidio di un uomo scomparso da oltre un anno e il cui cadavere viene ritrovato nel bagagliaio della sua auto, ripescata nel lago di Bracciano grazie alla “soffiata” di un ex ergastolano, graziato dopo vent’anni di carcere (a patto di non commettere reati) e arrestato per una tentata rapina. Le sue dichiarazioni, in qualità di testimone oculare, portano all’arresto di un agente immobiliare, che avrebbe ucciso in quel modo raccapricciante l’amante della moglie.
In realtà prove a carico dell’imputato non ce ne sono e il processo è di carattere indiziario, ma proprio per questo si muove su un terreno molto scivoloso. Anzi, sulle montagne russe. Toccherà a Gordiani insinuare il dubbio nei giudici, facendo lo slalom tra patti scellerati, tormenti professionali e umani, ubbìe e fragilità. Senza perdere di vista due momenti fondamentali nella sua vita: il matrimonio e l’arrivo di una figlia.
Una storia che si snoda tra debolezze umane e slanci imprevisti, colpi di scena e ironia salutare, muovendosi sul piano inclinato di una scrittura piacevolissima, scorrevole e accurata al tempo stesso.